Nel corso del secolo in cui è vissuto il santo si educava con la rigidità e con le asprezze. Si applicava un'educazione che non lasciava spazio alla comprensione, ma era indirizzata al valore dell'autorità. Questo modello, chiamato repressivo, venne messo in discussione da don Bosco, opponendo il proprio metodo, basato sull'amore ma di più sulla ragionevolezza della metodologia.
Di ciò non abbiamo nulla di grande come compilazione, se non un piccolissimo opuscolo redatto dal fondatore dei Salesiani dopo averlo evidenziato ai suoi in occasione dell'inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza (Francia). Era l'agosto del 1877.
Però ne è rimasta viva la pratica. Essa è contenuta nelle Memorie dell'Oratorio, composte dal santo, e nel suo modo di essere e di fare. Il suo modello fu unico e molto moderno.
I Salesiani dovevano guidare i giovani, esser loro accanto ed indirizzarli al bene, non per forza ma per amore. Insegnavano ad applicare le regole in quanto conducevano al bene, che era sempre comune e mai egoistico.
Questo sistema fu applicato all'oratorio salesiano come istituzione ed alle diverse realtà animate dai suoi religiosi. Dello stesso si ha traccia anche nelle Regole della Società salesiana nel punto in cui parla dell'educazione e della missione fra i giovani.
Ragionevolezza, amore e religione erano le tre regole che insegnava ai giovani e da questi erano accolte e non solo raccolte. Accanto a tutto ciò vi è sempre la scelta libera del ragazzo nelle varie esperienze da compiere. Non c'è educazione senza libertà e questa senza un'adeguata responsabilità e don Bosco lo sapeva e voleva che i suoi figli imparassero a prendere decisioni, mature e complete, per il bene della collettività.
Chi usciva dall'oratorio aveva ricevuto un'educazione umana, religiosa e professionale. Sapeva quello che voleva per migliorare la propria esistenza e quella di chi gli stava accanto.
Il sistema preventivo, come dice il termine, prevedeva il male in quanto insegnava cosa fosse il bene. Trasformava in positivo le spinte irragionevoli dei ragazzi e li invogliava al bene, incoraggiandoli.
Il ragazzo doveva sapere cosa voleva e don Bosco lo aiutava a realizzare ciò che desiderava.
Il santo non voleva biechi esecutori, ma uomini e li lasciava fare come se fossero soli, ma sempre stando loro accanto.
Per tale ragione voleva che al centro del mondo salesiano vi fosse il cortile in quanto i ragazzi potevano muoversi in piena libertà avendo sempre un religioso in mezzo a loro a guidarli. Questo fu lo spirito che animò il santo e non altro.
Dentro alle case salesiane regnava il vero affetto e l'istituzione era come una famiglia. In questo luogo vi era anche una donna eccezionale, Mamma Margherita, madre di don Bosco, che non indugiò, tra mille sacrifici, ad aiutare il figlio. Non esitò a dare il tutto che aveva per mettersi a disposizione dell'opera. Fece molto e fu molto amata. Alla sua morte i ragazzi piansero in quanto avevano compreso cosa significasse tornare a casa e trovare una vera mamma. Anche ciò contribuì a dare al sistema di don Bosco il volto della dolcezza e della fermezza.
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Ai suoi figli, nel 1884, tra le molte lettere inviate ne scrisse una osservando che il salesiano doveva stare accanto ai ragazzi ed essere sempre presente nella vita dell'oratorio. Proprio come un padre con i suoi figli. E lo fu davvero.
Da quel sogno, avuto intorno ai nove anni, in cui il santo si vide accerchiato da animali feroci che si trasformavano in ragazzi, la vita di molti di loro ha avuto un felice esito grazie a quella dedizione che nel sistema preventivo, ha avuto non solo un metodo, ma un cuore: quello di Giovanni Bosco.