Città del Vaticano , domenica, 15. dicembre, 2019 12:10 (ACI Stampa).
Gesù che nasce non è un “personaggio da fiaba”, ma è piuttosto “Dio che ci interpella”, e che ci porta ad un cammino di conversione che prevede “un morire a noi stessi e al peccato che c’è in noi” e a convertirci, a partire proprio dalla conversione “dell’idea che noi abbiamo di Dio”, perché “non basta credere in Dio: è necessaria ogni giorno la nostra fede”.
In un Angelus domenicale partecipato da molti ragazzi che sono dal Papa per la benedizione dei bambinelli del Presepe, Papa Francesco parte come sempre dal Vangelo del giorno, dai dubbi di Giovanni il Battista che chiede a Gesù se davvero lui è il figlio di Dio. Ed è da lì che inizia una riflessione tutta centrata sulla conversione. Perché anche Giovanni Battista, che pure ha fatto tutta una vita incentrata sull’attesa del Messia, ha dovuto convertirsi a Gesù, e per questo non c’è uno più grande dei nati di donna, ma anche il più piccolo nel regno dei Cieli è più grande di lui.
E la domenica del gaudete, e le letture domenicali presentano Isaia che invita alla gioia per la venuta del Messia, ma anche Giovanni il Battista che ha dubbi. “È la stessa realtà che in ogni tempo mette alla prova la fede – nota Papa Francesco – ma l’uomo di Dio guarda oltre, perché lo Spirito Santo fa sentire al suo cuore la potenza della promessa”.
La promessa si realizza con Gesù, e Gesù risponde così ai dubbi del Battista: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”.
E questo significa, nota Papa Francesco, che “la salvezza avvolge tutto l’uomo e lo rigenera”, ma è una nuova nascita che “sempre presuppone un morire a noi stessi e al peccato che c’è in noi”, e per questo c’è bisogno prima di tutto “di convertire l’idea che abbiamo di Dio”.