Città del Vaticano , martedì, 19. novembre, 2019 14:00 (ACI Stampa).
“Di fronte alla calamità creata dall’uomo che è ogni guerra, dobbiamo affermare e riaffermare, ancora e ancora che il ricorso alla guerra non è inevitabile o insostituibile. L’umanità non è destinata all’autodistruzione. Le divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la violenza. L’umanità è in obbligo verso se stessa di regolare differenze e conflitti attraverso mezzi pacifici”.
Giovanni Paolo II lo disse il 25 febbraio del 1981 davanti a Peace Memorial di Hiroshima. Lo spettro dell’atomica è stato uno dei punti centrale del viaggio del Papa in Giappone. Anche in questo caso si trattava della tappa finale di un viaggio di dieci giorni che dal Pakistan, alle Filippine fino a Guam poi al Giappone avevo portato il Pontefice in Asia. Ultima tappa in effetti era stata Anchorage per uno scalo tecnico.
Giovanni Paolo II era papa da poco più di un anno, la sua energia era travolgente, ma già c’era chi progettava al posto della pace una guerra diretta al Papa stesso. Il 13 maggio successivo lo sparo in Piazzo San Pietro avrebbe tentato di cambiare il corso del pontificato.
In Giappone il Papa polacco arriva dopo aver addirittura beatificato Lorenzo Ruiz catechista morto martire in Giappone nel 1637. Un ponte di pace rappresentato dal Pontefice stesso.
É il primo viaggio in Estremo Oriente di Giovanni Paolo IIed ha un intento missionario, far conoscere meglio il messaggio del Vangelo, dialogare con le religioni senza condizionamenti politici.