Roma , sabato, 16. novembre, 2019 10:00 (ACI Stampa).
In questi giorni l’Italia è stata colpita da un ondata di maltempo che ha causato, in gran parte del Paese, danni e alcuni morti.
La Chiesa italiana si è subito mobilitata a fianco delle persone che hanno subito i maggiori danni ed ha espresso “solidarietà e preoccupazione” per la situazione di Venezia e di Matera: due “preziose testimonianze di arte e di cultura”, ha sottolineato la Conferenza Episcopale Italiana, che hanno pagato un prezzo altissimo. “Sono proprio queste situazioni a richiamare tutti ad un’attenzione supplementare verso la Casa Comune” afferma la Chiesa italiana che ribadisce “il proprio impegno nella salvaguardia del territorio, nella vicinanza solidale alle popolazioni colpite, nella tutela dei beni culturali ecclesiastici “feriti” dai fenomeni naturali”.
E la vicinanza alle persone più bisognose sarà particolarmente “visibile” domani – come abbiamo scritto sabato scorso – in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri voluta da papa Francesco. Tante, infatti, le iniziative di solidarietà nella diocesi italiane.
Tra i bisognosi certamente ci sono gli ammalati spesso soli nei loro percorsi di cura. E allora come aiutare cappellani ospedalieri, religiose, religiosi, volontari e personale medico ed infermieristico a continuare a svolgere un’attività di assistenza spirituale ai malati in un contesto sempre più multiculturale e multi-religioso? La diocesi di Milano, in accordo con le altre diocesi della Lombardia, sta cercando di riqualificare la sua capillare presenza nei luoghi di cura. Come auspicato dall’arcivescovo Mario Delpini nella sua recente Lettera a un medico dal titolo “Stimato e caro dottore…”, il punto di partenza è proprio la formazione. Da qui l’avvio del il primo master universitario che intende ampliare coordinare l’approccio medico tecnico-scientifico con la dimensione spirituale.
“La Chiesa cattolica è convinta che i grandi passi compiuti dalla ricerca scientifica e medica possano dare ancora più frutti se inseriti in un orizzonte di senso che può far crescere la società nel suo complesso”, ha detto il presule presentando l’iniziativa: “per questo la comunità ecclesiale è, da tempo, impegnata a rivisitare le proprie pratiche di assistenza religiosa. Si tratta di ripensare figure e gesti, riti e relazioni, per poter stare dentro l’esperienza della malattia in una modalità pienamente umana. La malattia coinvolge il malato, ma chiama attorno alla persona malata familiari, medici, personale sanitario, volontari, figure religiose. Aiutare le persone che operano con i malati a percepire la profondità della professione che svolgono, aiutarli a vivere questa professione come una vocazione, va di pari passo con la riscoperta della centralità della dimensione spirituale”.