Perché “i veri politici segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non è mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell’umanità. Il Signore è risorto in terra di Israele, tra il suo popolo, ma per l’intera umanità”.
E, ha scritto ancora Galantino, “un popolo non è soltanto un gregge, da guidare e da tosare”. Piuttosto “il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va servito con intelligenza e impegno, perché ha bisogno di riconoscersi in una guida”. Perché “da solo sbanda e i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la complessità dei passaggi della storia”. Invece, “il significato della guida in politica non è tramontato dietro la cortina fumogena di leadership mediatiche o dietro le oligarchie segrete dei soliti poteri. La politica ha bisogno di capi, così come la Chiesa ha bisogno di vescovi”.
“Noi siamo in pieno nel passaggio verso una nuova intelligenza civile – scrive ancora Galantino -: il mondo è cambiato, nulla sembra uguale a prima, e la memoria di maestri come De Gasperi diventa ancora più attuale”. Perché “Egli non volle mai essere seguace di dottrine sterili o antiliberali ed ebbe sempre la preoccupazione che i cattolici non apparissero coloro che operavano per la conservazione di una struttura sociale e statale non voluta, solo ereditata, e in molte parti ormai marcia”.
Ecco che, “la Ricostruzione degasperiana rimane un modello perché De Gasperi l’ha ancorata intorno a tre cardini, che restano solidi e che hanno consentito che si aprisse la porta ad una nuova Italia”. Tra questi, il “Rispetto delle istituzioni ed esercizio di democrazia”. Anche oggi, afferma il Segretario Generale della Cei, “siamo di fronte alla necessità non solo di una nuova forma di convivenza fra i popoli, ma anche di un nuovo modello macro-economico, di una nuova politica industriale, di una politica dei diritti sociali più completa. Chi pensa, chi adotta, chi realizza queste riforme?”, si chiede il vescovo emerito di Cassano allo Jonio. “Esse richiedono una democrazia costruita con un di più di ascolto, un di più di precisione e di attenzione ai dettagli, per adattare i grandi principi dell’uguaglianza e della solidarietà a regole sempre nuove di giustizia, che non può rimanere una questione confinata nelle aule dei tribunali”.
Altro cardine degasperiano era “Il bene comune : ispirazione della politica e della religione”. E oggi “il riformismo – di cui tanto si parla anche in questo tempo – non basta, o, almeno, non può essere fine a se stesso, quasi potesse risolversi in un esempio di movimento per il movimento”.
Occorre “ricostruire, invece”, che “è cosa diversa”. Cioè “un evento che si realizza sulla spinta di una concentrazione di virtù, di passioni e di intelligenza che va preparata e che si manifesta solo a certe condizioni. Soprattutto è un passaggio che richiede sempre grandi uomini, figure capaci di interpretare il proprio tempo con quella tenacia che non proviene dall’aver frequentato le migliori scuole, le migliori sagrestie o dall’aver imparato tutte le astuzie della politica nelle segreterie dei partiti”.
Insomma, “ci vuole altro… La politica come ordine della carità è un’impresa difficile eppure necessaria, un’esperienza del limite che il cristiano può comprendere come anticamera della salvezza”.
Terzo cardine è “una sana laicità … oltre il fanatismo e lo smarrimento dei valori”. E proprio “De Gasperi ha dato una dignità diversa al laicato cattolico – lo ha reso adulto, protagonista – e, pur rispettando la Chiesa e il papato, ha capito di che cosa era capace il popolo italiano e in particolare i laici cattolici”. “L’Italia, con De Gasperi – secondo Galantino -, passò da essere «il giardino del papa» a uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita. Non è poco, anche se a noi oggi appare quasi scontato”.
E qui un’ampia digressione sulla laicità, concetto evidentemente molto caro al Segretario generale della CEI: “La laicità non è libertà individuale di fare ciò che si vuole – spiega -, non concerne leggi che devono assecondare i desideri di ciascuno, e non è nemmeno una semplice morale laica, da piccoli borghesi garantiti dal benessere: in positivo, la laicità è un progetto di vita fondato sul rispetto della complessità dell’uomo, sulla tradizione storica e sulla fiducia nella capacità della politica di trovare un punto di mediazione che non sia la rinuncia a ciò che si crede”.
“La laicità della politica – prosegue il Presule - è anche saper perdere con dignità per preparare tempi migliori; è anche comprendere che è sempre meglio lottare per convincere che protestare per sdegnarsi; da cristiano e da vescovo dico che laicità è anche fare chiarezza in mezzo al popolo e poi rispettarne la volontà. Gli esempi, legati alla cronaca di questa stagione, non mancano”.
Ritornando al ricordo dello Statista, Galantino spiega che su “laicità” e “religiosità della politica De Gasperi ha molto da insegnarci”: “La sua santità sta nella fecondità di ciò che ha fatto in una lunga e operosa vita politica. E a noi oggi appare più chiaro ciò che voleva dirci”.
E se “lo Stato vaticano dovrebbe essere come un’oasi, di pace e di accoglienza, dove tutti coloro che hanno problemi possano venire per farsi ascoltare e confortare”, ecco che “la Chiesa cattolica non ha bisogno di mura respingenti, di eserciti agguerriti o di burocrazie mortificanti. La Chiesa ha bisogno di donne e uomini agili e curiosi, rapidi nel comprendere e nel dimenticare le offese, forti nell’amare, ambiziosi nell’intelletto, coraggiosi nello sperare”.
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Un cattolico è un uomo del suo tempo, insomma: “Pensiamo spesso – il pensiero di Galantino - che il buon cattolico sia un uomo a metà, una via di mezzo tra gli ambiziosi e i disperati e non è vero. Pensiamo che un cattolico sia un uomo con il freno a mano, che non possa godere del successo della scienza o dei frutti della ricchezza, ma sono bestemmie perché non c’è nessun motivo che ci spinga a rinunciare ad offrire al Signore il meglio dell’intelligenza e dello sviluppo economico e tecnologico. Il cristiano è solamente colui che, anche in questi campi, mette tutto se stesso al servizio degli altri e nelle mani del Signore”.
Tutto per il Signore, insomma. Ecco perché “la Chiesa non ha bisogno di grandi organizzazioni materiali perché ha a disposizione la parola di Dio e l’intera fraternità umana; non ha bisogno di diplomazie esclusive, ma di uno spirito evangelico, come papa Francesco non si stanca di ricordarci”.