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Sinodo, Papa Francesco: “Amazzonia sfregiata dall’ipocrita religione dell’io”

Celebrata la Messa di chiusura dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica

Papa Francesco  |  | Daniel Ibanez CNA Papa Francesco | | Daniel Ibanez CNA

Papa Francesco ha celebrato la Messa in occasione della chiusura dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica, di cui ieri è stato presentato il documento finale.

Commentando il Vangelo, il Pontefice si sofferma sulla preghiera del fariseo e su quella del pubblicano. Il primo - osserva Francesco - nella sua orazione dimentica il comandamento più importante: “amare Dio e il prossimo: è centrato solo su di sé. Il dramma di quest’uomo è che è senza amore. Ma anche le cose migliori, senza amore, non giovano a nulla. E senza amore, qual è il risultato? Che alla fine, anziché pregare, elogia se stesso. Infatti al Signore non chiede nulla, perché non si sente nel bisogno o in debito, ma in credito. Sta nel tempio di Dio, ma pratica la religione dell’io. E tanti cattolici vanno su questa strada”.

Il fariseo guarda al prossimo come se gli altri - ammonisce il Papa - fossero “scarti da cui prendere le distanze. Quante volte vediamo questa dinamica in atto nella vita e nella storia! Quante volte chi sta davanti, come il fariseo rispetto al pubblicano, innalza muri per aumentare le distanze, rendendo gli altri ancora più scarti. Oppure, ritenendoli arretrati e di poco valore, ne disprezza le tradizioni, ne cancella le storie, ne occupa i territori, ne usurpa i beni. Quante presunte superiorità, che si tramutano in oppressioni e sfruttamenti, anche oggi. Lo abbiamo visto nel Sinodo quando parlavamo dello sfruttamento del creato e delle persone dell’Amazzonia”.

Secondo Papa Francesco “gli errori del passato non son bastati per smettere di saccheggiare gli altri e di infliggere ferite ai nostri fratelli e alla nostra sorella terra: l’abbiamo visto nel volto sfregiato dell’Amazzonia. La religione dell’io continua, ipocrita con i suoi riti e le sue preghiere, dimentica del vero culto a Dio, che passa sempre attraverso l’amore del prossimo. Anche cristiani che pregano e vanno a Messa la domenica sono sudditi di questa religione dell’io”.

Disprezzare qualcuno - è il monito di Francesco - è sgradito a Dio.

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Il pubblicano invece con la sua preghiera - suggerisce il Papa - ci “aiuta invece a capire che cosa è gradito a Dio”. Il pubblicano ammette la sua  “povertà di vita, perché nel peccato non si vive mai bene. Quell’uomo si riconosce povero davanti a Dio e il Signore ascolta la sua preghiera” che “nasce dal cuore, è trasparente: mette davanti a Dio il cuore, non le apparenze. Pregare è lasciarsi guardare dentro da Dio senza finzioni, senza scuse, senza giustificazioni. Fanno ridere i pentimenti pieni di giustificazioni, quasi una causa di autocanonizzazione… Perché dal diavolo vengono opacità e falsità, da Dio luce e verità”.

Rivolto ai Padri sinodali, Francesco ringrazia per il dialogo creatosi in “sincerità e schiettezza, mettendo davanti a Dio e ai fratelli fatiche e speranze”. Si deve ripartire “dal crederci bisognosi di salvezza, tutti. È il primo passo della religione di Dio, che è misericordia verso chi si riconosce misero. Invece, la radice di ogni sbaglio spirituale è credersi giusti. Ritenersi giusti è lasciare Dio, l’unico giusto, fuori di casa. Chi è bravo ma presuntuoso fallisce; chi è disastroso ma umile viene esaltato da Dio. Se ci guardiamo dentro con sincerità, vediamo in noi tutti e due, il pubblicano e il fariseo. Siamo un po’ pubblicani, perché peccatori, e un po’ farisei, perché presuntuosi, capaci di giustificare noi stessi, campioni nel giustificarci ad arte! Con gli altri spesso funziona, ma con Dio no”.

Il Papa spiega anche la preghiera del povero. “La preghiera di chi si presume giusto rimane a terra, schiacciata dalla forza di gravità dell’egoismo, quella del povero sale dritta a Dio. Il senso della fede del Popolo di Dio ha visto nei poveri i portinai del Cielo: sono loro che ci spalancheranno o meno le porte della vita eterna, loro che non si sono considerati padroni in questa vita, che non hanno messo se stessi prima degli altri, che hanno avuto solo in Dio la propria ricchezza. Essi sono icone vive della profezia cristiana”.

Durante il Sinodo - conclude Papa Francesco - abbiamo potuto “ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. Eppure, proprio in questa situazione, molti ci hanno testimoniato che è possibile guardare la realtà in modo diverso, accogliendola a mani aperte come un dono, abitando il creato non come mezzo da sfruttare ma come casa da custodire, confidando in Dio. Quante volte, anche nella Chiesa, le voci dei poveri non sono ascoltate e magari vengono derise o messe a tacere perché scomode. Preghiamo per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri”.