I vescovi hanno invitato l’UE a garantire una più efficace coerenze delle sue politiche commerciali, di sviluppo, climatiche e relative ai diritti umani.
Si legge nel comunicato del COMECE che i vescovi “hanno sottolineato l'importanza di adottare una legislazione vincolante ed efficace in materia di diritti umani per le società transnazionali europee. Ciò dovrebbe garantire che le aziende rispettino gli standard legali, sociali e ambientali lungo l'intera catena di approvvigionamento”, e hanno “affermato la necessità di una trasformazione equa, inclusiva e sistematica verso un'ecologia integrale, prestando particolare attenzione ai più vulnerabili. Inoltre, le risorse limitate del nostro pianeta dovrebbero essere utilizzate con parsimonia e in linea con il concetto di economia circolare”.
Si è discusso anche della situazione in Siria, e i vescovi hanno incoraggiato l’Unione Europea a intensificare gli sforzi umanitari e diplomatici per garantire una pace duratura e sostenibile nella regione.
Mercoledì 23 ottobre 2019, in occasione della presidenza finlandese dell'UE , i vescovi hanno celebrato una messa per l'Europa nella chiesa di Notre-Dame du Sablon a Bruxelles . Nell'omelia, il vescovo Czesław Kozon , delegato della Conferenza episcopale scandinava del COMECE, ha sottolineato l'importanza della "riconciliazione come processo perpetuo che non dovrebbe mai sfuggire alla nostra vista", sfida particolarmente importante soprattutto alla luce dell'attuale situazione politica globale, caratterizzato da una mancanza di fiducia nella cooperazione multilaterale e dall'erosione del diritto internazionale.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Le proteste in Libano, la posizione delle Chiese in Libano
Le manifestazioni in Libano hanno incassato anche l’appoggio dei capi delle Chiese e delle comunità cristiane in Libano, i quali si sono riuniti il 23 ottobre per analizzare la situazione ed esprimere una posizione comune sulle manifestazioni di massa contro il governo.
Alla fine dell’incontro, in un comunicato, i capi delle Chiese cristiane rendono omaggio “al popolo che ha manifestato la sua unità”, abbracciano “la legittima protesta”, chiedono risposta da parte del governo “alle loro richieste nazionali”.
Nel comunicato finale del loro incontro, che i media chiamano “l’appello di Bkerké”, i vescovi hanno ricordato di avere “avvertito che ciò che sta accadendo oggi stava per arrivare, ma i governi succedutisi alla guida del Paese hanno ignorato i nostri appelli".
Il comunicato è stato letto dal Cardinale Boutros Bechara Rai, patriarca maronita. I prelati delle confessioni cristiane affermano anche che “il piano di riforma” proposto dal governo è “un primo passo positivo, ma è necessario un rimpasto del governo e l’avvio di un'amministrazione gestita da persone competenti e patriottiche", e per questo si richiede “di iniziare immediatamente le consultazioni con i leader politici per adottare le misure necessarie per soddisfare le esigenze della popolazione”.
L’appello di Bkerké chiede anche ai manifestanti di non farsi strumentalizzare.
Nel pomeriggio di mercoledì 23 ottobre – informano i media nazionali – il Presidente libanese Michel Aoun ha avuto una conversazione telefonica con il Patriarca maronita Bechara Rai per confrontarsi con lui sui contenuti dell’Appello di Bkerké.
Alla riunione dei capi ecclesiastici libanesi ha preso parte in via eccezionale anche lo Sheikh Abdel Latif Darian, Mufti della Repubblica libanese, che dal canto suo ha chiamato lo Stato e il governo a farsi carico delle "giuste richieste" dei manifestanti.
A far esplodere il malcontento popolare, causato sulla crisi economica, sono state le nuove tasse predisposte dal governo sull’utilizzo di whatsapp e di altri mezzi di comunicazione.
Gli Emirati Arabi Uniti finanziano la ricostruzione di due chiese a Mosul
Nell’ambito dell’Anno della Tolleranza, che ha portato anche alla dichiarazione di Abu Dhabi, nonché alla creazione di un comitato per implementarla, gli Emirati Arabi Uniti stanno anche finanziando, in partnership con l’UNESCO, la ricostruzione di due chiese cattoliche a Mosul distrutte nel 2014 dal sedicente Stato Islamico.
Si tratta delle chiese di Al-Tahera, della Chiesa siriaco cattolica, e al Saha, una chiesa domenicana. La partnership è stata siglata lo scorso 10 ottobre. Noura al Kaabi, ministro per la Cultura e lo Sviluppo della Conoscenza degli Emirati, ha sottolineato che “nel ricostruire una frazione del passato, l’Iraq può formare il suo futuro come una società inclusiva, tollerante e aperta”.
L’Anno della Tolleranza degli Emirati si era aperto con un accordo da 50,4 milioni in aprile 2018 per aiutare a ricostruire località storiche di Mosul.
Il sedicente Stato islamico aveva preso il controllo della piana di Ninive nell’estate 2014, e il controllo dell’area è stato ripreso solo nel 2016. Si calcola che in due anni, 3,3 milioni di persone sono state sfollate, mentre l’ISIS ha distrutto almeno 28 siti di significato religioso nell’area.
Iraq, il patriarcato caldeo con il popolo che protesta
Un comunicato del Patriarcato caldeo si mette dalla parte del popolo che ha protestato contro il carovita. Proteste represse con la forza dal governo, causando 21 morti.
“Facciamo appello – si legge nel comunicato del Patriarcato caldeo - alla coscienza dei responsabili del Paese, di ascoltare seriamente le richieste delle persone che lamentano lo stato di miseria in cui vivono, del peggioramento dei compiti della pubblica amministrazione e della propagazione della corruzione nella maggior parte dello Stato, il che ha aggravato la situazione”.
Il patriarcato ha notato che, per la prima volta dal 2003, i manifestanti hanno espresso le loro posizioni, sottolineando l’identità nazionale irachena, e hanno chiesto “alle forze di sicurezza di rispettare il diritto a manifestare e di evitare violenza su di loro”, perché “questo è il momento di affrontare, in modo responsabile i problemi accumulati, con un costruttivo dialogo e fare passi concreti cercando persone specializzate e note per la loro onestà e amore alla patria, affinché gestiscano gli affari del paese”
FOCUS AMERICA LATINA
La mediazione dei vescovi in Ecuador
Si erano proposti come mediatori della crisi, e così è stato. Il 23 ottobre quattro rappresentanti della Conferenza episcopale ecuadoriana (CEE) si sono recati nella sede del governo. Erano: l’arcivescovo Luis Cabrera di Guayaquil, Vice Presidente della Conferenza Episcopale; l’arcivescovo Alfredo Espinosa, di Quito; il vescovo René Coba, Ordinario militare, Segretario della CEE; il vescovo Danilo Echeverría, Ausiliare di Quito, rappresentante del settore della famiglia della CEE.
Si è trattato di un incontro a porte chiuse. Lenin Moreno, presidente dell’Ecuador, ha poi ringraziato i vescovi per la funzione di mediatori, ha sottolineato la "prepotenza di coloro che credono di avere il diritto di rimanere indefinitamente nel potere, oppure in una posizione intransigente", alludendo a quanto è accaduto nel paese e alla sua marcia indietro sulle disposizioni del governo, e ha ringraziato in modo speciale il Fronte Unico dei Lavoratori (FUT) per aver sospeso le manifestazioni previste per il 30 ottobre.
L’arcivescovo Cabrera ha messo in luce che operano da mediatori su invito del governo, e ha insistito sul fatto che "c'è la disposizione e la speranza di arrivare ad accordi specifici, non per accontentare i gruppi in dialogo, ma tutto il paese". I vescovi chiedono anche un processo di pacificazione.
Le manifestazioni si sono concluse il 13 ottobre, dopo l’abrogazione da parte del governo, del controverso decreto sui sussidi, con un tragico bilancio di 8 morti, oltre 1.300 feriti e un migliaio di arresti, secondo un rapporto della Defensoria del Pueblo. La fine delle proteste ha aperto un dialogo diretto tra il governo e il movimento indigeno, con la mediazione dell'Episcopato e dell'ufficio delle Nazioni Unite in Ecuador.
I vescovi della Bolivia presentano dubbi sulla validità delle elezioni
Il presidente boliviano Evo Morales è stato eletto per il suo quarto mandato alla guida del Paese, ma le elezioni sono state contestate da parte della popolazione e il loro andamento ha creato preoccupazione anche nell’Organizzazione degli Stati Americanin, l’Unione Europea e gli Stati Uniti.
Anche i vescovi boliviani sono scesi in campo, parlando da Roma, dal Sinodo dei vescovi sulla Regione Panamazzonica. Il vescovo Ricardo Centellas, presidente della Conferenza Episcopale Boliviana, ha chiesto che la volontà del popolo sia rispettata. I risultati iniziali dello spoglio mostravano che nessun candidato avesse ricevuto la maggiorana dei voti, ma lo spoglio è stato sospeso per un giorno e improvvisamente Morales è balzato in testa.
FOCUS AFRICA
La Santa Sede manda un messaggio per i 100 anni di evangelizzazione in Sud Sudan
Ancora non c’è un “ambasciatore del Papa” in Sud Sudan, ma a Juba c’è ora un ufficio permanente della Santa Sede, guidato da monsignor Marc Kadima, incaricato di affari. In una delle sue prime mosse ufficiali da quando è a Juba, monsignor Kadima ha inviato lo scorso 19 ottobre un messaggio all’arcidiocesi di Juba, per festeggiare i cento anni di evangelizzazione.
Nel messaggio, indirizzato all’arcivescovo Paolino Luduku e al suo ausiliare Santo Loku, ha ringraziato per l’eccellente organizzazione. L’arcivescovo Luduku ha annunciato che il giubileo della diocesi si concluderà con una grande festa l’1 novembre. Tema delle celebrazioni è stato “Rinnovarsi nella fede e rispondere alle sfide”.