Città del Vaticano , martedì, 18. agosto, 2015 10:30 (ACI Stampa).
Mentre la Rota romana inizia il periodo ufficiale delle ferie, come è scritto nel calendario vaticano, che dureranno fino al 20 settembre, la Curia in effetti lavora per la preparazione al viaggio apostolico di Francesco a Cuba e negli Stati Uniti.
E tra le mille versioni di come e di chi abbia davvero voluto la lettera di Papa Francesco a Obama e Castro, la cosa fondamentale da ricordare è che la Santa Sede non ha ma abbandonato il popolo cubano. Trattative che hanno portato alla visita di tre Pontefici. Un record che pochi paesi possono vantare. Francesco arriva in una nazione che si apre alla speranza dopo aver aperto le ambasciate, ma che deve affrontare una grande povertà e un disagio profondo. La perla delle Antille dove il Papa arriverà il 19 settembre dopo circa 12 ora di volo ha una storia complessa e non solo per gli ultimi decenni. Il Partito comunista, nonostante le aperture diplomatiche, è saldamente al potere.
Tanto che anche la cerimonia di riapertura dell’ambasciata americana a L’Havana il 14 agosto è stata una occasione per Monsignor Oscar Cantú, vescovo di Las Cruces in New Mexico e Presidente del Comitato Giustizia e pace della Conferenza Episcopale americana, di dire che “la riconciliazione tra gli Stati Uniti e Cuba è il modo migliore per incoraggiare la libertà religiosa e i diritti umani nell’isola”.
Il rispetto dei diritti umani è ancora il punto dolente della Cuba moderna.Quando nel gennaio del 1998 Giovanni Paolo II lasciò Cuba, primo Papa ad averla visitata disse: “Ai nostri giorni nessuna nazione può vivere sola. Per questo, il popolo cubano non può vedersi privato dei vincoli con gli altri popoli, che sono necessari per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto quando l'isolamento forzato si ripercuote in modo indiscriminato sulla popolazione, accrescendo le difficoltà dei più deboli, in aspetti fondamentali come l'alimentazione, la sanità e l'educazione. Tutti possono e devono compiere passi concreti per un cambiamento in tal senso. Che le Nazioni, e soprattutto quelle che condividono lo stesso patrimonio cristiano e la stessa lingua, lavorino efficacemente per estendere i benefici dell'unità e della concordia, per unire gli sforzi e superare gli ostacoli affinché il popolo cubano, protagonista della sua storia, mantenga rapporti internazionali che favoriscano sempre il bene comune. In tal modo si contribuirà a superare l'angoscia causata dalla povertà, materiale e morale, le cui cause possono essere, fra le altre, le ingiuste disuguaglianze, le limitazioni delle libertà fondamentali, la spersonalizzazione e lo scoraggiamento degli individui, e le misure economiche restrittive imposte dall'esterno del Paese, ingiuste ed eticamente inaccettabili.”
Nel 2012 Papa Benedetto torna a Cuba con nuove speranze e anche nuove certezze. Non c’è più Fidel ma suo fratello Raul che nel 2008 ha accolto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bretone in visita per ricordare il viaggio storico di Giovanni Paolo II.