La convinzione è però quella di dover guardare prima di tutto al ruolo del sacerdote. Dice ad ACI Stampa il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che “la crisi del sacerdozio è una crisi di identità, e ritrovare l’identità teologica è molto importante”.
Il Cardinale Koch ricorda che “Benedetto XVI ha scritto un volume intero sul sacerdozio, di 900 pagine, approfondendo molto questa tematica nella visione del Concilio Vaticano II”. Per Benedetto XVI – ha aggiunto – “il sacerdote è in primo luogo l’annunciatore della Parola di Dio, ma è anche colui che celebra i sacramenti. Benedetto XVI ha molto cara l’espressione di Sant’Agostino, che ricorda come nella Bibbia Giovanni il Battista sia chiamato voce, mentre Gesù è chiamato Parola”.
Le due giornate di Schuelerkreis
La seconda parte del Simposio è stata pubblica, e ha visto una partecipazione notevole, con tantissime richiesta. Ma cosa è successo il 27 settembre, quando membri dello Schuelerkreis e del Neuer Schuelerkreis si sono riuniti?
Il professor Christoph Ohly, tra gli organizzatori della due giorni, ha spiegato ad ACI Stampa che ci sono state tre relazioni, che hanno portato ad un dibattito animato ed approfondito.
“La prima relazione – ha detto – è stata tenuta da padre Vincent Twomey, verbita irlandese, membro dello Schuelerkreis, il quale ha analizzato l’ultimo scritto di Benedetto XVI sugli abusi nella Chiesa. Padre Twomey ha evidenziato che lo scritto è diviso in tre parti, di cui la parte preponderante è quella che riguarda l’assenza di Dio. Però, ha notato, le critiche non hanno compreso la centralità di questa parte. Giustamente, Benedetto XVI ha notato che le critiche riguardano proprio l’assenza di Dio”.
La seconda relazione è stata fatta dall’abate di Heiligenkreuz Maximilan Heim, membro del Neuer Schuelerkreis. Questi ha parlato degli impedimenti alla vocazione sacerdotale, che si sostanziano soprattutto nella mancanza di una cultura dell’adorazione e del senso del sacro. Ma – ha aggiunto il professor Ohly – l’abate Heim “ha anche indicato le grandi porte per arrivare alla vocazione, che sono la preghiera, la santità, l’accompagnamento spirituale per i giovani, una dottrina chiara, la predicazione forte, la vita sacramentale”.
Infine, ha preso la parola il professor Karl-Heinze Menke, teologo molto stimato da Benedetto XVI. Si prevedeva tenesse una relazione sul “Sacerdozio ministeriale nella Chiesa”, ha piuttosto voluto parlare della crisi della Chiesa nella prospettiva tedesca. D’altronde, il dibattito in Germania, con la “tirata d’orecchi” della Congregazione dei Vescovi sui progetti sinodali del Cardinale Marx, è entrato con forza proprio nel tema del sacerdozio. Il professor Ohly ha riferito che il professor Menke ha fatto una analogia tra la situazione delle Chiesa in Germania e le Cinque Piaghe della Chiesa delineate dal Beato Antonio Rosmini (la divisione del popolo dal clero; l’insufficiente educazione del clero; la disunione dei vescovi; la nomina dei vescovi abbandonata al potere laicale; e la servitù dei beni ecclesiastici).
Il professor Menke – spiega il professore Ohly “vede nella Cristologia l’antidoto a queste piaghe: se noi non confessiamo Cristo come il Dio incarnato, che ha sofferto e che è risorto come figlio di Dio, non si capisce poi più il senso per la Chiesa”. Il professor Menke ha anche messo in luce il pericolo di funzionalismo che si insinua tra i ranghi della Chiesa.
La sessione pubblica del Ratzinger Schuelerkreis
La sessione pubblica del 28 settembre si è conclusa con una dichiarazione di tutti i partecipanti, dedicata proprio al ruolo del sacerdote, che va proprio nella direzione di rimettere al centro Cristo. “In tempi di crisi e di dolorosa purificazione ecclesiale – sottolineano i partecipanti – non sono primariamente le riforme strutturali a portare guarigione e aiuto, ma la testimonianza della fede autenticamente vissuta. Solo quando lo sguardo comune si orienta verso Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, la Chiesa può rinnovarsi”.
I partecipanti ricordano che la teologia di Ratzinger afferma chiaramente che “nel centro interiore della Chiesa vi sono quelle persone che vivono una vita di santità” , e per questo c’è da essere grati “per ogni testimonianza di questa santità, nel matrimonio e nella famiglia, nella vita consacrata e in tutte le altre forme presenti anche oggi nella Chiesa”.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Il sacerdote, dicono i membri dello Schuelerkreis, “non è un funzionario; piuttosto, adempie la sua missione proveniente da Dio essendo Cristo”. Insomma, “il sacerdote, in modo sacramentale, rappresenta Cristo come il Buon Pastore”, e “in questa relazione personale tra Cristo e la Chiesa, tra il sacerdote e il credente, secondo la dottrina della Chiesa, risiede il motivo fondamentale del fatto che il sacerdote rappresenta sacramentalmente Cristo. Egli non rappresenta Cristo come farebbe un ambasciatore; si tratta piuttosto di una rappresentazione reale, per la quale il criterio decisivo è la sequela della croce”.
Per questo motivo, la presenza di Cristo nella vita del sacerdote deve essere “riconoscibile ed efficace nella vita quotidiana”, ed è da qui che vengono “gli obblighi di obbedienza e di celibato per il Regno dei Cieli, obblighi che sono l’espressione umana e spirituale della conformazione sacramentale del sacerdote a Cristo. Di conseguenza, l’ordinazione sacerdotale implica la sequela personale di Cristo, mentre il peccato è lo scandalo che oscura la sua credibilità”.
Parlando durante la sessione pubblica, il professor Kal Heinz Menke ha ricordato che “il ministero sacramentale nella Chiesa è oggetto di critica – non solo a partire dallo scandalo sugli abusi e dalle nuove discussioni scatenatesi sul celibato o sull’ordinazione delle donne”, in quanto “esistono tendenze teologiche che mettono in discussione la sacramentalità della Chiesa in generale e la differenziazione tra sacerdozio ministeriale degli ordinati e sacerdozio comune di tutti i battezzati”.
La professoressa Marianne Schlosser ha sottolineato a sua volta che “secondo la concezione cattolica, l’ordinazione sacerdotale significa non solo il conferimento di una funzione nella Chiesa, ma anche la chiamata alla sequela personale di Cristo, il Buon Pastore”. Per questo, aggiunge, “la vita celibe sembra essere conveniente sotto molti aspetti (Presbyterorum Ordinis 16): è il modo di vivere di Gesù che ha dato la vita per l’umanità fino alla morte”. Inoltre, “il celibato è una testimonianza eloquente della fedele speranza nella vita eterna. Rinunciando al matrimonio e alla propria famiglia, nel sacerdote deve crescere l’amore generoso per la famiglia di Cristo, come pure l’adesione personale al Signore”.
La relazione di padre Twomey
Di particolare interesse è la relazione di padre Twomey durante la parte riservata del Ratzinger Schuelerkreis del 27 settembre. Padre Twomey ha dedicato la sua analisi al testo che Benedetto XVI ha scritto sulla crisi degli abusi sessuali da parte del clero. Testo che non è stato esente da attacchi e critiche, cui Benedetto XVI ha risposto con una lettera in cui notava che la questione di Dio era centrale nel suo testo, eppure non veniva mai menzionata dai suoi critici.