Papa Francesco affronta, con i gesuiti, anche il tema dell’impegno pastorale nella società mozambicana, sottolinea che “non è facile ricostruire una società divisa” e serve “un adeguato accompagnamento, specialmente se nella società e nella nazione c’è bisogno di unità, di riconciliazione”, considerando che “l’ottimo è nemico del bene, e in un momento di riconciliazione vanno inghiottiti molti rospi”.
Oltre agli esercizi, serve anche – dice Papa Francesco – insegnare “la dottrina sociale della Chiesa”, ma ricordando che il gesuita “in ogni caso non deve dividere: noi siamo uomini del tutto, non della parte”.
Parlando del dialogo con i protestanti, Papa Francesco distingue tra le cosiddette sette della prosperità, che predicano “un Vangelo che non conosce la povertà” e “la predicazione di un luterano o un altro cristiano evangelico serio”.
Papa Francesco rimarca il suo appello a non fare proselitismo, perché “l’evangelizzazione libera”, mentre “il proselitismo fa perdere la libertà”, in quanto “incapace di creare un percorso religioso in libertà” e “non distingue tra il foro interno e il foro esterno”, mentre “l’evangelizzazione non viola mai la coscienza: annuncia, semina e aiuta a crescere”.
Papa Francesco chiede infine di “studiare e approfondire la differenza tra proselitismo ed evangelizzazione”, a partire dall’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI., in cui si legge che “l’identità stessa della Chiesa è evangelizzare. Purtroppo, però, non solamente nelle sètte, ma anche all’interno della Chiesa cattolica ci sono gruppi fondamentalisti. Sottolineano il proselitismo più che l’evangelizzazione”.
Aggiunge Papa Francesco: “Il proselitismo ti dà una dipendenza servile, di coscienza, e sociale. La dipendenza dell’evangelizzato, quella «paterna», è il ricordo della grazia che Dio ti ha dato. Il proselito invece dipende non come un figlio, ma come uno schiavo, che alla fine non sa che cosa fare se non gli viene detto”.
Papa Francesco parla anche di clericalismo, che definisce “una vera perversione della Chiesa,” e lo mette in contrasto con il pastore che ha “la capacità di andare davanti al gregge per indicare la via, e anche in mezzo al gregge per vedere chi sta dietro. Invece, il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio”.
Popolo di Dio che si esprime, per Papa Francesco, nella pietà popolare, che in America Latina “è molto ricca” e ha, sì, “cose da correggere, sì, ma esprime la sovranità del popolo santo di Dio, senza clericalismo”.
Papa Francesco sottolinea che “il clericalismo è dominio”, lo descrive con la parola italiana “arrampicamento”, rappresenta un ministero “inteso non come servizio, ma come promozione all’altare, frutto della mentalità clericale”, che ha “come diretta conseguenza la rigidità”.
Secondo Papa Francesco, “dietro tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi”, e in particolare il Papa si sofferma sulla “fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento”. “Ci si concentra sul sesso – afferma Papa Francesco - e poi non si dà peso all’ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto”.
Il Papa sottolinea che “i grandi pastori danno alla gente molta libertà”.
Viene chiesto a Papa Francesco anche della Rete Mondiale della Preghiera, e il Papa sottolinea che si deve “insegnare alla gente la preghiera di intercessione”, e che lui “davvero sente continuamente il bisogno di chiedere l’elemosina della preghiera. La preghiera del popolo sostiene”.
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Infine, viene chiesto a Papa Francesco della xenofobia. Questa viene definita dal Papa “parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli”, e che piuttosto “distrugge l’unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio”.
Papa Francesco afferma che “oggi siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura… come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla. Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato”.
Invece, sottolinea Papa Francesco, “mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità”. E il riferimento è al meticciato dell’America Latina, dove “c’è tutto: lo spagnolo e l’indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato”.
Dunque, conclude Papa Francesco, “costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica”.