Cosa farà la croce missionaria?
La croce sta facendo il giro di tutto il bacino dei Carpazi. Ovunque la croce arriva, si organizzano eventi, alcuni di questi sono stupendi. La prossima tappa della croce sarà a Kosice, in Slovacchia, dove saranno incluse nella croce le reliquie di Anna Kolesarova. Tutti preghiamo per questo Congresso e per il rinnovamento spirituale.
Quale è la missione dell’Ungheria?
Siamo chiamati ad imparare dai santi recenti, ma anche a realizzare e valutare teologicamente la nostra posizione geografica e culturale. Noi abbiamo una posizione delicata, siamo tra Oriente e Occidente. Per questo motivo, le Chiese orientali avranno un ruolo importante nel Congresso Eucaristico. Ci sarà una grande concelebrazione melchita nella Basilica di Santo Stefano, ci saranno testimonianze di coloro che hanno subito persecuzioni in epoca sovietica e di coloro che hanno sofferto in Medio Oriente, come il Cardinale Rafael Sako, patriarca di Babionia dei Caldei, che ha accettato il nostro invito. I relatori provengono dalla Corea all’Africa all’America del Sud. Direi che la nostra posizione geografica ci predestina quasi ad una attenzione speciale verso il Medio Oriente, dato che l’Ungheria è stata una provincia dell’Impero Ottomano. E a Budapest è stato fondato anche un episcopato copto, perché il numero della comunità copta cresce.
La comunità copta è tipicamente egiziana. Come mai vengono così tante persone dall’Egitto?
Perché ogni essere umano vuole vivere in tranquillità e rispettato dalla società, e in Ungheria la gente non trova pregiudizi, ma trova piuttosto un ambiente accogliente.
Quindi il mito dell’Ungheria non accogliente è solo un mito…
Le posso dire che la comunità cinese a Budapest è così numerosa che c’è un sacerdote che viene appositamente da Vienna per celebrare per la comunità cinese, e stiamo lavorando per avere un sacerdote che risieda qui, perché c’è una comunità cinese forte, che si riunisce ogni settimana per leggere la Bibbia, ma è anche ben integrata, che manda i figli a studiare nelle scuole ungheresi.
In generale, a Budapest – che non è una città troppo grande – abbiamo regolarmente la Santa Messa in 16 lingue diverse, tra cui il coreano, la cui comunità ha anche un sacerdote che si occupa dei loro bisogni pastorali. Questo già rende il quadro di una società complessa.
E c’è poi la presenza dei rom. Quando siete venuti in udienza da Papa Francesco avete presentato la Bibbia tradotta in lingua Rom. Quale è la situazione?
La popolazione rom appartiene alla nostra identità, e costituisce il 10 per cento della popolazione, e secondo le statistiche UE è il più grande nazionale. Dopo la Bibbia, abbiamo anche tradotto il Messale in lingua romanì e lo stiamo per approvare a livello di conferenza episcopale. Ci sono musicisti rom che hanno scritto una Messa in contesto romanì, ma con testo nella loro lingua, in Ungherese e in inglese. Pensiamo di presentare questa Messa durante il Congresso Eucaristico.
Sono molte le iniziative per la popolazione romanì, sia da parte delle Chiese (che organizzano convitti, aiutano negli studi, sostengono le famiglie vulnerabili) sia dal punto di vista statale: ottengono un lavoro statale, ma non pochi di loro arrivano al mercato libero.
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State preparando un grande Congresso Eucaristico nel cuore dell’Europa. Ma non pensate che l’Europa secolarizzata abbia perso di vista il valore dell’Eucarestia?
Assolutamente no. Quaranta anni fa, dopo il Concilio Vaticano II, credevamo che ormai tutta l’attenzione si sarebbe concentrata sulla Messa, mentre adorazioni e processioni sarebbero passate di moda. Oggi, invece, vediamo un ritorno dell’adorazione eucaristica, ci sono programmi che si chiamano scuole di adorazione. Il gruppo che prepara il Congresso eucaristico organizza giornate di adorazione a livello internazionale, e raccoglie fino a 40 mila persone. Insomma, l’interesse c’è e cresce.
Perché tutto questo, secondo lei?
Sicuramente ragionare in termini astratti è un metodo di approccio alla realtà, ma vedere, contemplare, accogliere una realtà senza astrazione è un altro modello. Forse questi giovani, cresciuti già nel mondo audiovisuale sono più aperti a questo linguaggio.
Nella croce missionaria ci saranno anche reliquie di martiri del comunismo. Ma quanto si sente ancora l’impatto del comunismo in Ungheria?
Sempre meno con il passare del tempo. Ma ci sono i ricordi, abbiamo una società vecchia. E possiamo vedere il mondo con un senso di deja vu, perché si ritrovano molte cose, nel mondo di oggi, che vengono dal contesto comunista. Per esempio, la pressione ideologica sul sistema educativo e su altri campi, come quello della vita. Si parla di nuovi diritti umani, ma alcuni sembrano essere diritti ideologici. Perché il diritto non è soltanto soggettivo, richiede una realtà oggettiva. Come Paesi ex comunisti, siamo anche molto sensibili al tema della libertà. Abbiamo incontrato la libertà come un grande sogno, abbiamo sperimentato gli ostacoli che impediscono la libertà, abbiamo pensato alla libertà come alla possibilità di realizzare qualcosa di prezioso.