Dopo l’incontro con Papa Francesco, il 2 settembre, sono scesi in Basilica vaticana per pregare sulla tomba di San Giosafat. E la scelta dei 47 vescovi che compongono il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina è altamente simbolica.
Fu, infatti, San Giosafat a riportare la Chiesa Greco Cattolica all’unione con Roma. Basiliano, nato nel 1580, San Giosafat promosse la riforma dei monasteri di rito bizantino e il celibato del clero e l'unità delle chiese, mantenendo riti e sacerdoti e ortodossi, ma ristabilendo l’unione con Roma.
Così, dopo un primo atto di sottomissione al Papa (dicembre 1595), le Chiese rutene della metropolia di Kiev proclamarono quasi unanimi l’unione con Roma nel sinodo di Brest-Litovsk del 6-10 ottobre 1596, anche se la diocesi si unì a Roma solo nel 1700, dato che il vescovo di Lviv inizialmente aveva rifiutato di sottoscrivere l'unione.
Non fu un caso che fu Paolo VI a volere simbolicamente che i resti di San Giosafat fossero traslati in Vaticano durante la sessione sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II, nel 1963. Non è un caso se fu lo stesso Paolo VI a tenere a battesimo Santa Sofia, la “casa” dei greco cattolici ucraini a Roma, basilica che è anche con-cattedrale dell’arcivescovo maggiore.
I cinquanta anni dalla consacrazione di Santa Sofia sono stati celebrati l’1 settembre, alla presenza del Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. Il quale ha ricordato che la Chiesa Greco Cattolica Ucraina ha mantenuto la fede nonostante “le prove del passato antico e recente” e questo è “un dono che il Signore ha continuato a custodire”.
Le prove del passato antico sono le varie vicissitudini vissute dopo aver scelto di rimanere uniti a Roma. Le prove del passato recente riguardano un dominio sovietico difficile da togliersi dalla pelle, tanto è forte il ricordo dell’Holodomor, il genocidio per carestia degli ucraini voluto da Stalin, così come forte è il periodo della diaspora, che divenne quasi inevitabile dopo lo pseudo-sinodo di Lviv del 1946.
Ma il Sinodo celebra anche i 90 anni dal primo incontro dei greco cattolici ucraini, voluto a Roma dal metropolita Andryi Sheptytski, la cui beatificazione è un sogno per la Chiesa Greco Cattolica Ucraina. E fu a Roma che San Giovanni Paolo II volle riprendere gli incontri, negli Anni Ottanta, mentre la Chiesa Greco Cattolica Ucraina era, appunto, in diaspora.
Sono molti i temi che si intrecciano in questo incontro. L’unione visibile con Roma è la prima: sottolineata dall’arcivescovo maggiore Shevchuk nel suo saluto a Papa Francesco nell’incontro del 2 settembre, la questione della particolarità della più grande delle Chiese sui iuris orientali pervade tutto il Sinodo, il cui tema è “La comunione e l’unità nella vita e testimonianza della Chiesa Ucraina oggi”.
Quindi, la situazione ucraina. L’incontro interdicasteriale del 5-6 luglio ha portato alla luce, ancora una volta, una situazione di conflitto che è stata chiamata per la prima volta “guerra” in una dichiarazione ufficiale vaticana e nel discorso iniziale di Papa Francesco. Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha avallato questa nuova posizione della Santa Sede, e dunque era molto attesa la sua relazione del 3 settembre, rimasta riservata.
Quindi, la necessità pastorale di una Chiesa che è particolare, ma anche globale, con vescovi sparsi nei cinque continenti. La costituzione di un esarcato per i fedeli ucraini in Italia è una risposta alla richiesta al Papa di avere migliori strutture per seguire i fedeli, la decisione di affidarlo temporaneamente al Cardinale Angelo de Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, sta a significare quanto Papa Francesco abbia a cuore i fedeli ucraini. Il dibattito sulle linee guida del 2020 è previsto proprio il 4 settembre, giorno in cui il Cardinale de Donatis prenderà parte all’Assise.
Il quarto tema riguarda i santi e le grandi personalità di ucraina.
Il 5 settembre, si terrà in Santa Maria Maggiore alle ore 15 una liturgia in occasione del 100esimo anniversario della morte della beata Josaphata Hodarshevcka, primo membro e cofondatrici delle Servitrici di Maria Immacolata, che fu beatificata da San Giovanni II nel 2001 a Lviv, da dove lei proveniva. Il 6 settembre sarà commemorato il 35esimo anniversario dalla morte del Cardinale Josip Slipyi, e l’ospite d’onore sarà il Cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
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Il quinto tema riguarda la storia della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Di fronte ad un Patriarca di Mosca che si fregia del titolo di “patriarcato di tutta la Rus’”, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina risponde con la ricerca delle radici storiche.
Per questo, il 7 settembre, i vescovi del Sinodo visiteranno il Pontificio Istituto Orientale, dove sarà presentato il programma “Cristianesimo di Kiev”, una ricerca sulle radici del cristianesimo di Kiev ispirata e sostenuta da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk. Un modo per ricordare che fu a Kiev che avvenne il battesimo della Rus’, ad opera di San Volodymir, re prima pagano e poi battezzato a Kiev, feroce sovrano che fece uccidere il fratello per prendere il trono e infine persona generosa. Fu San Volodymir che cristianizzò la Rus’, quando Mosca ancora non aveva questo peso e questa importanza.
Sono questi i temi che si intrecciano, e che hanno il culmine proprio in Santa Sofia. Sua Beatitudine Shevchuk aveva infatti tratteggiato il modello Santa Sofia, quello di una Chiesa mai “ostaggio di interessi politici del potere di Stato, né servitrice dei poteri di questo mondo, perché non è caduta nel peccato di adorare autorità mondane”, rimanendo “l’anima e la coscienza del suo popolo”, cui ha “insegnato a valutare il potere terreno sulla base di come questo potere serva la volontà di Dio e l’eterna legge del creatore”.
È una Chiesa che si candida al ruolo di ponte tra oriente e Occidente, insomma. E sarà questo il grande tema del Sinodo Greco Cattolico.