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I Papi in Africa: gli ultimi viaggi di Giovanni Paolo II

Il Sudafrica dopo l'Apartheid, la Nigeria, e il Monte Sinai - in Egitto - per il commiato dall'Africa

San Giovanni Paolo II |  | Alessia Giuliani / CPP San Giovanni Paolo II | | Alessia Giuliani / CPP

L’ottava volta di Giovanni Paolo II in Africa è ancora una volta nel 1990. Dal 1° al 10 settembre il Papa torna nel continente dopo una tappa a Malta: Tanzania, Burundi, Ruanda e ancora Costa d’Avorio per la consacrazione della Basilica di Nostra Signora della Pace a Yamoussoukro, nota al mondo come la San Pietro d’Africa.

Nel 1992 Giovanni Paolo II compie due viaggi consecutivi in Africa. Il primo - nono della serie - è di una settimana, in febbraio, e vede il Papa raggiungere Senegal, Gambia e Guinea. Il secondo - decimo complessivamente - è dal 4 al 10 giugno e il Pontefice raggiunge Angola, Sao Tomè e Principe.

Febbraio 1993. Dal 3 al 10 febbraio Giovanni Paolo II cammina ancora una volta - è l'undicesima - sulle strade dell'Africa. Il Papa visita ancora il Benin, l'Uganda per poi raggiungere Khartoum, capitale del Sudan.

Tre anni dopo - dal 14 al 20 settembre 1995 - Giovanni Paolo II è per la dodicesima volta in Africa: Camerun, Kenya e Sudafrica liberata dal regime della apartheid. Questo viaggio assume una importanza particolare essendosi svolto dopo la riunione dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa celebrato l’anno precedente in Vaticano.

La penultima tappa del pellegrinaggio del Pontefice in Africa arriva dal 21 al 23 marzo 1998, appena due mesi lo storico viaggio a Cuba. Giovanni Paolo II visita per la seconda volta Nigeria.

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E siamo così all’ultimo viaggio del Papa in Africa. La meta è l’Egitto e siamo nel 2000, in occasione del Grande Giubileo. Giovanni Paolo II sale sul Monte Sinai. E da lì - idealmente - saluta l’Africa.

Tra i tanti discorsi pronunciati dal Papa in questi viaggi, vale forse la pena ricordare le parole con cui Giovanni Paolo II si congedò dal Kenya, nel 1995: “dal cuore dell’Africa - ricordò il Pontefice - si eleva un grido verso quanti sono in grado di aiutare. Il cosiddetto Sud del mondo esorta il Nord a non venir meno alla sua decisione di affrontare il problema della povertà, dei rifugiati, del sottosviluppo economico e culturale. Il costante divario tra regioni ricche e povere del mondo rappresenta una seria minaccia alla stabilità mondiale. L’imperativo morale alla solidarietà è fondamentalmente connesso alla stessa natura umana e all’assoluta necessità che gli esseri umani hanno l’uno dell’altro. A livello di Nazioni e di Continenti, occorre soddisfare questa necessità, altrimenti il vivere insieme in armonia risulterà impossibile”.

“I poveri - aggiunse concludendo il Papa - non invidino ai ricchi il loro progresso! Chiedano loro di assumersi le responsabilità che derivano dalla propria situazione privilegiata e di venire incontro alle esigenze etiche della destinazione universale delle risorse mondiali. Il grido che si leva verso le Nazioni più ricche dai popoli dell’Africa è un grido di aiuto, di cooperazione e di solidarietà per un rispetto reale delle persone in quanto persone, povere o ricche, deboli o forti, tutte unite nell’unica famiglia umana e nella medesima umana dignità”.