Città del Vaticano , martedì, 11. agosto, 2015 10:51 (ACI Stampa).
C’è chi dice che la diplomazia della Santa Sede è inutile, perché non produce santi, e solo lì dove ci sono semi di santità la Chiesa deve stare. C’è, però, la storia di un sacerdote, diplomatico della Santa Sede fino alla morte prematura a soli 38 anni, che smentisce questo adagio molto in voga tra quanti vorrebbero una Chiesa solo spirituale ma per niente impegnata nella formazione del mondo. È la storia di Giuseppe Canovai, sacerdote catapultato al rango di diplomatico della Santa Sede. Morì nel 1942. La pubblicazione dei suoi diari, editi da Cantagalli e curati da monsignor Florian Kolfhaus della Segreteria di Stato Vaticana, dimostrano come anche la diplomazia della Santa Sede possa essere una strada per la santità.
Non che ce ne fosse bisogno, dalla recente canonizzazione di Giovanni XXIII. Il quale, prima di diventare patriarca di Venezia e poi Papa, era stato nunzio apostolico, ovvero ambasciatore della Santa Sede. Un ruolo che si definì bene dopo il Concilio di Trento, mentre prima era assimilabile a quello di legato pontificio. Così, al momento della canonizzazione, Giovanni XXIII è stato il primo nunzio dell’era moderna ad essere proclamato santo. Mentre, se si allarga la definizione, abbiamo San Gregorio Magno, che aveva avuto nella sua vita un incarico da Legato Pontificio.
Giuseppe Canovai era arrivato alla carriera diplomatica in maniera casuale. E per questo rimase sempre un sacerdote. Lontano dalle formalità dell’Accademia Ecclesiastica, e lontano dal mondo diplomatico tout court, la sua profonda spiritualità si può notare dai tre volumi di diari pubblicati da Cantagalli con il titolo “Passione per Cristo. Diario di Mons. Giuseppe Canovai.”
Curato dall’officiale di Segreteria di Stato Florian Kolfhaus, il volume ha anche la preziosa prefazione del Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Entrambi mettono in luce il carattere di Canovai, molto bonario, molto spiritoso, molto gioviale.
Una gioia che nasce solo dalla fede profonda. Molte le sfaccettature di mons. Canovai, così sacerdote e vaticano nei modi, eppure così italiano, patriottico. Così legato a Cristo dall’accettazione del dolore. Scrive il Cardinal Parolin: “Mentre le sofferenze di mons. Canovai, in particolare le sue malattie, aumentano, crescono in lui i sentimenti di amore e di felicità.”