La firma dell’accordo di pace ha avuto luogo di fronte al presidente sudafricano Cryil Ramaphosa e al presidente del Rwanda Paul Kagame, che hanno fatto da facilitatori. L’accordo prevede la celebrazioni di elezioni generali il prossimo 15 di ottobre, alcune settimane dopo la visita di Papa Francesco nel Paese, che avrà luogo dal 4 al 6 settembre nell’ambito di un ampio viaggio dal toccherà anche le Isole Mauritius e il Madagascar. Il tema del viaggio di Papa Francesco in Mozambico è “Speranza, pace e riconciliazione”.
Il cammino per raggiungere la pace è stato lungo. Filipe Nyusi è capo del Fronte di Liberazione del Mozambico, un partito ex guerrigliero di stampo marxista che è stato al potere per 40 anni. Tra il 1977 e il 1992, il Fronte si è scontrato con la Resistenza Nazionale del Mozambico in una sanguinosa guerra civile che ha mietuto circa un milione di morti.
Nel 1992, il conflitto ha avuto termine nel 1992 grazie agli accordi di Roma, facilitati dalla Comunità di Sant’Egidio. Gli accordi regolarizzavano la Resistenza Nazionale del Mozambico, che veniva così inglobata nel sistema democratico e diventava così il più grande partito di opposizione. La tensione, tuttavia, non fu mai risolta del tutto. Nel 2014, la Resistenza Nazionale rifiutò i risultati elettorali e tornò alle armi. Si raggiunse una tregua temporanea solo nel 2016, con la quale il governo accettava di revisionare la costituzione, mentre la Resistenza Nazionale accettava di essere demilitarizzata. Il disarmo del partito è stato definitivamente avviato nell’agosto 2018.
Le Chiese cristiane di Damasco: un incontro per parlare di Siria
Lo scorso 12 agosto, i capi delle Chiese Cristiane di Terrasanta si sono incontrate nel monastero di Mar Aphrem, su invito di Ignatius Aphrem, patriarca di Antiochia e capo della Chiesa siro ortodossa. Hanno partecipato all’incontro il patriarca greco ortodosso di Antichia Giovanni X e il patriarca melchita di Antiochia Joseph Absi. Era presente anche il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria.
Durante l’incontro, è stata discussa la situazione generale nella regione e il modo in cui gli anni passati della crisi abbiano colpito i popoli in generale e i cristiani in particolare.
Si è sottolineata la preoccupante diminuzione dei cristiani in Siria a causa dell’emigrazione, e si è messo in luce come i cristiani siano un componente essenziale del milieu sociale della regione, dove sono stati presenti per secoli.
Per quanto riguarda la Siria, i padri hanno enfatizzato l’unità del popolo siriano e la loro solidarietà e l’importanza che tutti i componenti della società siriana partecipino nell’elaborare una visione comune per il futuro della loro nazione.
I vescovi del Costa Rica intervengono sulla situazione sociale
La conferenza Episcopale del Costa Rica si è incontrata nella sua assemblea generale dal 5 al 9 agosto, per parlare della situazione nel Paese. In un messaggio diffuso al termine dell’incontro, i vescovi hanno incoraggiato il dialogo sociale in corso nella nazione.
Dopo le manifestazioni popolari, è stato infatti avviato un dialogo tra governo e società civile appoggiato dagli stessi vescovi, i quali ricordano che l’avvio di dialoghi di tipo sociale dovrebbe portare la speranza di portare frutto, superando “i possibili ostacoli per dare un giusto esito allo sciopero attuale del settore sanitario”.
I vescovi sottolineano anche il fatto che “sono urgenti opportunità di lavoro per i nostri giovani e donne, specialmente delle campagne e delle zone litoranee depresse per la povertà”, perché il tasso di disoccupazione ha toccato tra ottobre e dicembre il 12 per cento, cui si aggiungono 60 mila persone uscite dal mercato del lavoro, che portano la disoccupazione al 13,4 per cento.
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I vescovi chiedono scelte di “giustizia economica” e riflettono sulla “forza di unificazione” della religione, mentre tale dimensione rischia di diventare piuttosto un aspetto privato e intimistico. “La fede in Cristo – riflettono – ci porta a impegnarci nella trasformazione della società a partire dai principi della carità, della giustizia e della verità. Tocca a noi suscitare i cambiamenti positivi di cui ha bisogno il Paese, rinunciando ai privilegi che possono essere legali, ma lontani dalla solidarietà. È qui che lo spirito di sacrificio e rinuncia mostra corrispondenza con chi ha meno”.
Una lettera del ministro della Cultura serbo al Cardinale Ravasi
Alcuni vescovi di etnia albanese hanno celebrato la scorsa settimana una Messa sui resti di una Chiesa ortodossa nella località di Novo Brdo, in Kosovo. Un gesto che non è passato inosservato alle autorità serbe. Così, il ministro della Cultura della Serbia, Vladan Vukosavljevic, ha inviato un messaggio al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura e della Pontificia commissione di archeologia Sacra, proprio riguardo la celebrazione della Messa.
La lettera – secondo una nota del ministero degli Esteri serbo - onsegnata nel corso di una visita di Vukosavljevic presso la nunziatura apostolica a Belgrado.
Il ministro ha chiesto al Cardinale Ravasi di avviare una iniziativa per fare in modo che "il clero cattolico albanese nel territorio dell'autoproclamato (e non riconosciuto dai nostri due Stati) 'Stato del Kosovo' non provochi in questo modo e senza necessità la tensione e non dissacri la fede e i monumenti culturali e storici del popolo serbo, la cui origine, finalità e tradizione sono state ampiamente documentate nella letteratura professionale internazionale".
Vukosavjevic, secondo una nota del ministero degli Affari Esteri, ha infine ricordato che la Serbia e la Santa Sede coltivano una positiva cooperazione ed espresso l'auspicio che il contenuto della lettera possa essere trasmesso agli incaricati della politica estera nella Curia romana.