Città del Vaticano , lunedì, 8. luglio, 2019 11:16 (ACI Stampa).
Il pensiero di Papa Francesco è “agli ultimi che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono”, ultimi che “sfidano le onde di un mare impietoso” e “lasciati in campi di accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea”, ultimi “che Gesù ci chiede di amare e rialzare”.
Il primo viaggio di Papa Francesco fu a Lampedusa, il 6 luglio 2013. Colpito dall’ennesima tragedia del mare, lì depose una corona di fiori in mare e inaugurò quello che è diventato un tratto caratteristico del suo pontificato: la pastorale delle migrazioni. Papa Francesco definisce, infatti, i migranti come “simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata.”
Sei anni dopo, come ogni anno, il Papa celebra quel primo viaggio con una Messa a San Pietro, trasmessa in diretta, ma a cui non possono partecipare altri che loro: i migranti i rifugiati e chi li aiuta. Sono 250.
Davanti a loro, Papa Francesco pronuncia una breve omelia che si centra sulla prima lettura e sul Vangelo, sulla visione di Giacobbe delle scale degli angeli, il collegamento tra terra e cielo di fronte al quale il patriarca compie un atto di affidamento al Signore chiedendo protezione; e l’atto di affidamento del capo della Sinagoga (che chiede per sua figlia) e della donna malata del Vangelo, che chiedono a Gesù “liberazione dalla malattia e dalla morte”, che il Signore dà ad entrambe, senza distinzioni.
Donna e fanciulla, l’una considerata impura a causa della malattia, l’altra figlia di una delle persone importanti della città, sono così entrambe “tra gli ultimi da amare e rialzare” ed è così che Gesù rivela ai suoi discepoli la necessità di un’opzione preferenziale per gli ultimi, i quali devono essere messi al primo posto nell’esercizio della carità”.