Città del Vaticano , venerdì, 21. giugno, 2019 10:00 (ACI Stampa).
Si vedono alcuni degli attentatori della strage di Pasqua in Sri Lanka, ripresi dalle telecamere di sicurezza, uno di loro fino al momento in cui entra in chiesa, l’attimo prima che si fa esplodere. Si vedono le macerie, i corpi straziati dall’esplosione. Si vede il giuramento dei radicalisti, immortalato come da copione prima andare a fare strage. Ma si vede anche un lavoro di ricucitura del dialogo tra le fede, una reazione profonda perché nessuno reagisse con la violenza alla violenza. C’è tutto questo nel video che il Cardinale Malcolm Ranjith ha portato a Papa Francesco, in una udienza privata il 20 giugno a Santa Marta.
Dopo gli attentati di Pasqua che hanno causato 359 vittime e centinaia di feriti, il Cardinale Ranjith, arcivescovo di Colombo, ha chiesto di “non levare la mano contro i fratelli musulmani”, perché non erano loro i responsabili dell’attacco. E ancora oggi si batte per una commissione indipendente, che vada a mostrare le ragioni dell’attacco, mentre prosegue il suo impegno di creare una armonia tra le religioni. Si commuove mentre racconta le storie che ha vissuto.
“Gli attacchi – racconta durante la presentazione del rapporto annuale di Aiuto alla Chiesa che Soffre – ci hanno colto di sorpresa e ci hanno messo sotto shock. In Sri Lanka, avevamo cercato di creare una fratellanza tra le varie religioni, un senso di comunità. Non abbiamo mai litigato per questioni d religione anche se per 30 anni c’è stata una guerra tra gruppi etnici singalesi e tamil”.
Per questo, “turbato e scioccato da quello che ho visto il 21 aprile, sono convinto che non sono stati i nostri fratelli musulmani a compiere l’attacco, ma che ci fosse qualcuno con interessi globali e politici e per questo ho chiesto a tutti di non alzare la mano contro i musulmani”.
Il Cardinale Ranjith analizza: “Negli ultimi trenta anni, con la presenza dei Wahabiti, anche nel nostro Paese si è sperimentata la radicalizzazione in certi settori. Noi abbiamo studiato con dei musulmani a scuola, ma non c’è mai stata una differenza tra noi e loro. Gradualmente, sono cominciati a palesarsi dei segni di separazione”.