“Solo cose belle, perché in questo momento abbiamo bisogno di guardare alla vita e alla realtà che ci circonda attraverso il filtro delle ‘cose belle’ e da una prospettiva diversa da quella abituale. Questo film vuole raccontare uno spaccato della realtà, che troppo spesso viene considerata ‘lontana’ da noi, e vuole proporre una strada alternativa da quella che abbiamo sempre battuto.
‘Solo cose belle’ permette allo spettatore di vedere negli altri tutto il bello che c’è. E il bello, nella maggior parte dei casi, è celato dietro alla fatica, dietro alle sofferenze e dietro alle difficoltà. L'importante però è cercare di essere sempre positivi, propositivi e costruttivi, e di riuscire a trovare in tutto ciò che facciamo il lato bello, quello migliore.
‘Solo cose belle’, infatti, in pochissimo tempo è diventato un manifesto dedicato al valore delle differenze, alla lotta contro l'emarginazione e alla bellezza racchiusa nel superare la paura della diversità, specialmente in un momento storico e politico come quello che stiamo vivendo. E’ una commedia che vuole raccontare l'emarginazione e la diversità con leggerezza e con delicatezza, senza però mai perdere di vista la realtà”.
Al cinema si possono raccontare cose belle?
“Il cinema è proprio lo strumento per eccellenza attraverso il quale raccontare le ‘cose belle’; è lo strumento magico, quello che permette di entrare nelle vite e nelle storie delle persone senza restare ancorati ai pregiudizi e ai luoghi comuni. Riuscire, ad esempio, a entrare nella vita e nei pensieri di un ragazzo disabile di 13 anni è pura magia. E questo può accadere soltanto al cinema!”
Perché chi fa il bene è ‘scomodo’?
“Perché ‘fare del bene’ è scomodo per la coscienza di ognuno di noi e ci pone davanti a una domanda fondamentale: dovrei farlo anch'io questo bene? Ognuno, in sé, si pone questa domanda. Io, personalmente, credo che nessuno debba fare qualcosa per il ‘dovere’ di farla, anche se, proprio per esperienza personale, ritengo che mettersi in discussione e mettersi alla prova non può far altro che far del bene a se stessi. Anche se nella maggior parte dei casi, soprattutto all’inizio, può sembrare scomodo o difficile...”.
In quale modo l’arte, in questo caso il cinema, può veicolare un messaggio ‘accogliente’ e bello?
“La bellezza è fondamentale perché ci avvicina e ci aiuta a stare bene anche e soprattutto insieme agli altri. In ‘Solo cose belle’ ho voluto raccontare la bellezza che si nasconde dietro gli ultimi della società, in quelli che spesso vengono considerati sbagliati o diversi. La bellezza, quella vera e autentica, a volta è nascosta e va ricercata.
Ma quando la si trova è ancora più appagante: la bellezza di ‘Solo cose belle’, ad esempio, va vista al di là dei pregiudizi. In un disabile la bellezza estetica non è la prima cosa che colpisce: eppure nel film troviamo tantissima bellezza in due degli attori, i due ragazzi disabili Ciccio e Marco (Francesco Yang e Marco Berta)”.
E’ possibile fare cinema in maniera indipendente?
“Evidentemente sì e noi ci siamo riusciti. La nostra scommessa è stata proprio questa e, non nascondo la soddisfazione, l’abbiamo vinta. ‘Solo cose belle’ è rimasto al botteghino, nelle sale di tutta Italia, per oltre 4 settimane registrando il sold out in quasi tutte le sale in cui è stato proiettato: è un risultato che non ci aspettavamo e che ci ha lasciati piacevolmente sorpresi”.
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