Le cosi dette Mantellate vivevano la propria spiritualità all'interno della loro abitazione. Avevano un orario di preghiera ben definito, recitavano il breviario o i salmi dedicati alla Madonna, si legavano all'Ordine con una speciale consacrazione ed erano attive nell'apostolato della Carità. Fra loro è bene ricordare Santa Giuliana Falconieri, la Beata Cecilia Eusepi ed Elisabetta Picenardi. Queste donne incarnarono l'ideale servita fatto di preghiera e meditazione, alla sequela della Madre di Dio.
Il carisma proprio dell'Ordine, difatti, risiede in quella devotio mariana che dà senso a tutte le attività, compiute dal religioso o da coloro che vivono tale forma di vita.
Il servo di Maria sa di essere alla dipendenza della Madonna, pertanto il suo essere è la Vergine ed il suo agire è indirizzato dalle parole del vangelo.
Tale scelta non era inusuale nella famiglia servita. Arrigo di Baldovino, primo di quei laici che si affiliò alla nascente famiglia religiosa, che a Firenze svolgeva una funzione pubblica era un terziario, che viveva, anche per alcuni periodi nella comunità religiosa. Ciò sta ad indicare come, prima della Regola, contenuta nella Bolla di papa Martino V, per l'ordine secolare, nel 1424, tale dimensione era accomunata alla comunità religiosa, anche per ragioni di apostolato.
Tale intuizione dalla vita dell'origini dell'Ordine, la si deve probabilmente alla spiritualità del Medioevo ed all'opera di San Filippo Benizi, il quale estese, anche ai membri del Terz'ordine, gli stessi privilegi spirituali, appartenenti alle comunità religiose. Ciò avvenne nel Capitolo tenuto ad Arezzo, nell'ottava di Pentecoste del 1273. Tale atteggiamento è peculiare nella spiritualità dell'Ordine servita, in quanto, con particolare modernità, incarna la spiritualità mariana nel quotidiano svolgersi della vita civile.
Del resto anche San Filippo Benizi, pur essendo un religioso e sacerdote, come Priore generale dell'Ordine ebbe degli incarichi sociali per il bene comune. Come ad esempio la missione di pace effettuata nella città di Forlì e dalla quale riporterà la vocazione di San Pellegrino, splendida figura di religioso servita.
Premesso tale passaggio storico, indispensabile per comprendere tale apostolato, Elisabetta Picenardi, rimanendo nella propria dimensione, fu accanto ai poveri ed agli umili. Di lei si tramandano numerosi episodi che la mettono in luce come una madre, oltre che donna.
Anima contemplativa di profonda preghiera e carità, visse il proprio rapporto con Dio con quella dimensione orizzontale, che fa della fede, un gesto di solidarietà ed al dolore porta il soccorso della fratellanza.
La sua esistenza fu particolarmente dedita alla penitenza, oltre che alla preghiera. Dopo la sua morte si scoprì che indossava il cilicio e con molte mortificazioni, partecipava alle sofferenze di Cristo, per l'umanità. Aveva fatto sue le parole di San Paolo che, in tal modo, invita a saper essere con il Redentore, non solo a parole.
Scomparsi i genitori, seppur giovanissima, visse con la sorella Orsina continuando la propria vita religiosa e di devozione. Aveva una propria camera nella quel svolgeva le proprie incombenze e devozioni. Ogni mattina assisteva alla Santa Messa ed aveva il permesso di potersi comunicare, ogni giorno.
Lascio quanto possedeva alla comunità dei servi di Maria. I suoi beni consistevano nel suo breviario ed in trecento ducati, mentre libera dal mondo volava verso Dio. Era il 19 febbraio 1468
Il Pontefice Pio VII ne approvò il culto locale il 20 novembre 1804.
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