Cracovia , sabato, 8. giugno, 2019 14:10 (ACI Stampa).
“È risuonato anche quest’oggi il monito dell’apostolo Giovanni, al quale fece riferimento San Giovanni Paolo II in occasione del V centenario della morte del Beato Michele Giedroyc.
Così scriveva il Papa: “Con queste parole della Prima Lettera di San Giovanni, che Michele Giedroyc, chiamato beato, si è rivolto dal letto della morte ai suoi confratelli, desidero recarmi spiritualmente alla sua tomba per […] venerare questo umile servo che si è aperto alla santità del Signore ed è diventato un suo segno eloquente tra la gente”.
Giovanni Paolo II manifestava così il comune desiderio che l’anniversario potesse avvicinare la beatificazione, attesa da secoli, di così fedele discepolo del Vangelo. Oggi, dopo 34 anni, celebriamo il compimento di questo desiderio, avvenuto attraverso la decisione del Santo Padre Francesco che il 7 novembre 2018 ha approvato il decreto sull’eroicità delle virtù e ha confermato l’esistenza ininterrotta del culto tributato al beato Michele Giedroyc sin dai tempi antichi.”
Il cardinale Angelo Becciu prefetto della Congregazione per i santi ha iniziato così la sue riflessione nella omelia nel corso della Santa Messa per la Beatificazione equipollente di Michele Giedroyc, laico professo dell’Ordine di Sant’Agostino, lituano, vissuto nel 1400.
“A noi contemporanei che siamo sommersi da mille cose apparentemente importanti, - ha detto Becciu- il beato Michele insegna che l’autentica grandezza delle persone proviene non da quanto, ma da come si compie qualcosa. È lo zelo e l’amore che rendono grandi le nostre azioni e mansioni, anche quelle più semplici. La sua testimonianza di vita, caratterizzata dall’accettazione dei propri limiti fisici e dall’unione della propria sofferenza a Cristo Crocifisso, oggi diventa una buona notizia per tutti coloro che, come lui, sono spesso relegati ai margini della società a motivo della loro inefficienza fisica, dell’età avanzata o di altri limiti.