Città del Vaticano , giovedì, 6. giugno, 2019 14:00 (ACI Stampa).
Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza i partecipanti al Congresso dei Centri nazionali per le Vocazioni delle Chiese di Europa, in corso a Roma, dal 4 al 7 giugno, presso la Casa San Juan de Avila. Il Papa ha consegnato il discorso preparato per l’occasione e ha pronunciato un discorso a braccio. Nel testo consegnato il Pontefice mette in evidenza tre importanti linee guida: la santità, come “chiamata che dà senso al cammino di tutta la vita”; la comunione, come “humus” delle vocazioni nella Chiesa; la vocazione stessa, come parola-chiave da preservare, coniugandola con le altre: “felicità”, “libertà” e “insieme”; e infine declinandola come speciale consacrazione.
Sulla santità il Papa spiega nel discorso consegnato : “La vocazione è un cammino che dura tutta la vita. Infatti, la vocazione riguarda il tempo della giovinezza quanto all’orientamento e alla direzione da assumere in risposta all’invito di Dio, e riguarda la vita adulta nell’orizzonte della fecondità e del discernimento del bene da compiere. La vita è fatta per portare frutto nella carità e questo riguarda la chiamata alla santità che il Signore fa a tutti”.
Per quanto riguarda il tema della comunione, il Pontefice sottolinea ai presenti: “La pastorale non può che essere sinodale, vale a dire capace di dare forma a un camminare insieme. E la sinodalità è figlia della comunione. Si tratta di vivere di più la figliolanza e la fraternità, di favorire la stima reciproca, valorizzare la ricchezza di ciascuno, credere che il Risorto può operare meraviglie anche attraverso le ferite e le fragilità che fanno parte della storia di tutti”.
Infine Papa Francesco insiste sulla stessa parola vocazione: “La parola vocazione non è scaduta. L’abbiamo ripresa nell’ultimo Sinodo, durante tutte le fasi”. La parola vocazione è a sua volta collegata con le parole felicità e libertà.
“Questo, l’essere un segno gioioso – dice il Papa - non è per nulla scontato, eppure è la questione più importante per il nostro tempo, in cui la “dea lamentela” ha molti seguaci e ci si accontenta di gioie passeggere. Invece la felicità è più profonda, permane anche quando la gioia o l’entusiasmo del momento scompaiono, anche quando sopraggiungono le difficoltà, il dolore, lo scoraggiamento, la disillusione. La felicità rimane perché è Gesù stesso”.