Città del Vaticano , domenica, 26. maggio, 2019 16:00 (ACI Stampa).
Continuano le celebrazioni di suffragio del Cardinale Nasarallah Sfeir, patriarca maronita dal 1986 al 2011, scomparso lo scorso 12 maggio. Il 25 maggio, si è tenuta una Divina Liturgia nella Chiesa del Pontificio Collegio Maronita in Urbe, presieduta dal vescovo François Zeki Eid, procuratore maronita presso la Santa Sede. E il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, ha pronunciato un indirizzo di saluto in cui ha sottolineato come “il morire del Cardinale Sfeir ha rimesso in cammino tutti”.
Il Cardinale Sandri lo sottolinea ricordando la sua partecipazione alle esequie del Cardinale Sfeir lo scorso 16 maggio. Mette in luce come alle esequie abbiano partecipato “cristiani di ogni confessione, musulmani di ogni confessione leader spirituali e politici come migliaia di persone semplici”, per un funerale che resterà “insieme all’intera esistenza del caro cardinale una delle pagine più significative della storia moderna del Paese dei Cedri”.
Una moltitudine in corteo dall’ospedale fino alla sede patriarcale di Bkerké, che è sul monte che culmina con il santuario della Madonna di Harissa, protettrice del Libano insieme a San Charbel, Santa Rafka, San Nemtallah.
Si è trattato, sottolinea il Cardinale Sandri, di un “cammino fisico che rimanda ad un cammino interiore”, perché la spiritualità del Cardinale è prima di tutto “monastica”, in un nascondimento che è “condizione spirituale necessaria per incontrare Dio ed essere anzitutto e integralmente suoi”.
In molti si sono sentiti orfani per la morte del Cardinale Sfeir, ma la sua vita è stata “una freccia puntata a colui che è la Roccia su cui fondare la vita di una persona, di una famiglia, di una comunità religiosa, di una Chiesa, di una Patria”, ed è stata questa la forza che ha permesso al Cardinale Sfeir di “parlare a tutti, ed essere punto di riferimento, prima che con le parole con la vita vissuta nell’umiltà e nella semplicità” e di non avere paura “di elevare una parola chiara e forte, per un intero popolo, composto da tanti e diversi, ma del quale voleva preservare l’identità e sovranità territoriale”.