Roma , venerdì, 24. maggio, 2019 18:00 (ACI Stampa).
Il "discorso della Luna", "Se mi sbaglio mi corrigerete", "Non abbiate paura!", "Sono un umile lavoratore nella vigna del Signore", "Buonasera!", "E mi raccomando: pregate per me!". Frasi, saluti, parole, pronunciati da quattro Pontefici molto diversi tra loro, nell'arco temporale di quasi 60 anni, eppure sono frasi rimaste impresse nella memoria collettiva, che quasi immediatamente identificano chi le ha pronunciate, rappresentano il suo stile, il suo modo di proporsi e, in estrema sintesi, si potrebbe anche dire che nascondono l'impronta del pontificato di ciascuno di loro.
I Papi comunicano, oggi attraverso mezzi sempre più tecnologizzati e pervasivi e con una efficacia centuplicata. Così come si sono moltiplicati i rischi di confondere messaggi universali e personalità, di sovrapporli, fino a modificarli e manipolarli. La storia, complessa e articolata, della comunicazione della Chiesa e sulla Chiesa è conosciuta in generale piuttosto sommariamente, anche e soprattutto da chi, questa storia, dovrebbe conoscerla e "maneggiarla" agevolmente e con attenzione. Del resto, è proprio la storia della Chiesa stessa, come istituzione, che rimane spesso e volentieri un oggetto misterioso, vittima di equivoci e idee sbagliate.
Ci si basa su informazioni vaghe, confuse e fonte, a loro volta, di confusione. Senza alcuna ammissione di colpa da parte di chi con queste informazioni ci lavora quotidianamente: giornalisti, operatori nel campo dei mass media, politici, insegnanti...Da questa constatazione ne nasce subito un'altra. Che cosa significa essere un giornalista vaticanista? Sì, certo, si capisce che si occupi di quel che fa la Santa Sede, dell'informazione religiosa e, allargando un po' lo spettro, di quella sociale. Le "faccende" vaticane, si sa, fanno spesso notizia, specie se condite con qualche spezia piccante... Viene però il dubbio che il discorso non si possa ridurre solo a questo.
Sarà quindi utile affrontare il viaggio attraverso le vicende storiche del variegato mondo dell'informazione che in un duplice, continuo movimento, dalle mura vaticane esce ed entra, da almeno un secolo e mezzo. Viaggio che si può intraprendere grazie ad un volume uscito in libreria da pochi giorni, dal titolo "Anche i papi comunicano", edizioni Tau, scritto da Veronica Giacometti, redattrice dell'agenzia Aci Stampa. La prefazione è a cura di don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana.
Di cose ne sono successe, e molto sono cambiate, dalla prima intervista concessa da papa Leone XIII nel 1892, al primo tweet di Benedetto XVI nel 2012, e poi alle innovazioni apportate all'intero settore da papa Francesco. In mezzo campeggiano, tra le tante esperienze, la creazione della Radio Vaticana, il Concilio Vaticano II nel '62, con 1200 giornalisti arrivati a Roma da tutto il mondo, circostanza che impose la necessità di allestire per la prima volta una vera e propria sala stampa -prima, dal 1939, era stato istituito un ufficio stampa - quando di fatto nasceva un nuovo modo di interazione comunicativa con il mondo, di gestione delle notizie e di relazione con i giornalisti. Non più solo stringati bollettini ufficiali e documenti, non più solo rumors e pettegolezzi, notizie carpite e senza fondamento. Il rapporto con le gerarchie ecclesiastiche, fino al soglio pontificio, diventava più semplice, immediato, trasparente.