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Cristiani in Pakistan, motore di sviluppo e cultura

Joseph Arshad, Arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi |  | ACN Joseph Arshad, Arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi | | ACN

Stretto tra discriminazioni, accuse infondate di blasfemia e continue minacce da parte degli islamisti, il piccolo seme di senapa della comunità cristiana in Pakistan – appena l´1,6% della popolazione, a maggioranza largamente musulmana – produce enormi frutti in termini di istruzione, assistenza sanitaria e sociale.

Questo è il Pakistan che racconta monsignor Joseph Arshad, Arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi, presidente della Conferenza episcopale del Pakistan e chairman della Commissione per la Giustizia e la Pace del Pakistan, che ha visitato recentemente la sede internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre a Königstein, in Germania, a pochi giorni dalla notizia che Asia Bibi – la donna cristiana tenuta otto anni in carcere con una pena capitale pendente per blasfemia e proclamata innocente dalla suprema corte lo scorso ottobre – ha lasciato il suo paese alla volta del Canada. La piccola comunità cristiana (poco più di 2 milioni di persone) si dibatte con coraggio e dignità in condizioni difficili. Basti pensare alle 1.535 persone (di cui 220 cristiani) accusati di blasfemia dal 1987 al 2017 e alle 69 persone (tra cui 23 cristiani) condannate a morte, proprio per questa accusa, tra il 1990 e il 2017, per tacere dei quasi quotidiani attacchi alle comunità religiose minoritarie.

Monsignor Arshad, come è distribuita la Chiesa cattolica in Pakistan?

«Pakistan significa “paese santo“. Noi amiamo il nostro paese, sin dalla sua nascita, il 14 agosto 1947. La comunità cristiana ha avuto un grosso ruolo sia nella creazione, che nella storia del nostro paese, che oggi ha una popolazione di 210 milioni di abitanti. Il 95% sono i nostri sorelle e fratelli musulmani e il 5% sono minoranze religiose, tra cui indù, cristiani, sikh e parsi. La Chiesa cattolica in Pakistan si compone di 6 diocesi e un vicariato apostolico, in tutto sette unità ecclesiastiche. La mia diocesi per esempio, Islamabad-Rawalpindi, è molto grande. Ci vivono 37 milioni di persone. Di questi, 210 mila sono cattolici. Devo viaggiare molto perché è un territorio molto vasto. Recentemente ho visitato posti che i vescovi precedenti non avevano potuto visitare per 25 anni».

In che modo i cristiani sono inseriti nella società ?

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«In Pakistan la gente pensa che i cristiani siano un prodotto europeo. Per questo noi sottolineiamo sempre che invece siamo pakistani, siamo nati qui, non siamo un prodotto estero. Vogliamo dare il nostro contributo e fare la nostra parte per il Paese. I nostri problemi sono problemi della nazione, e i suoi problemi sono anche i nostri. La comunità cristiana ha sempre dato il suo contributo alla nazione, soprattutto nell´educazione, nella salute e in ambito sociale. Questi servizi alla comunità sono ben riconosciuti e stimati dal governo del Pakistan».

Sembra però che i cristiani del Pakistan salgano agli onori delle cronache internazionali piuttosto per gli attriti con la comunità musulmana …

«Poiché siamo una minoranza abbiamo molti problemi da affrontare. Ne abbiamo specialmente tre. Il primo è la discriminazione nei posti di lavoro e nella società. Il secondo è la legge sulla blasfemia, di cui sono vittime anche i musulmani. Molte persone vengono accusate ingiustamente da altre che forse hanno problemi personali con loro. Chiunque può accusare chiunque di blasfemia. Quando ero bambino non percepivo questo tipo di problemi. Da quando questa legge è stata introdotta (nel 1986, nella sua forma più rigida, ndr) sono cominciate queste false accuse. I risultati sono davvero tragici. Perché se una persona viene accusata, soffre tutta la sua famiglia. Tutta la sua comunità viene attaccata, tanto che spesso i suoi membri sono costretti a fuggire. Dunque non una sola persona è colpita, ma tutta la famiglia e tutta la comunità. La gente non ne può più di questa situazione. Il terzo maggiore problema lo viviamo nel sistema educativo. I libri di testo parlano piuttosto male delle altre religioni e di altre minoranze. La Chiesa ha alzato la sua voce per chiedere di rimuovere questo materiale dai libri di testo per la scuola».

Con che risultati?

«La nostra Commissione per la Giustizia e la Pace ha prodotto ricerche e un libro sul tema dell´odio religioso nei libri di testo per la scuola, che è stato consegnato al Governo. Il Governo è d´accordo nell´apportare cambiamenti in questo senso, ma deve ancora prendere i primi provvedimenti concreti».

Quali conseguenze comporta questo astio verso i cristiani nella vita quotidiana?

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«Chiaramente dobbiamo fronteggiare il problema della sicurezza. Per fortuna il governo ne è consapevole e ci aiuta mandando la polizia alle manifestazioni religiose e soprattutto alle messe domenicali. Anche le comunità si organizzano da sole con volontari che fanno le guardie di sicurezza presso le chiese. Infine, un altro problema sono le conversioni e i matrimoni forzati. Qualche mese fa alcune ragazze indù sono state rapite e costrette a sposarsi con ragazzi musulmani. Questo tipo di incidenti accade naturalmente anche alla comunità cristiana».

Cosa fa la Chiesa cattolica in Pakistan per non farsi stringere all´angolo ?

«In questa situazione è molto importante per noi coltivare il dialogo interreligioso. La Chiesa cattolica è in prima linea, poiché già dal Concilio Vaticano II. si è impegnata nel dialogo con le altre religioni. Questo è particolarmente importante in Pakistan. Abbiamo cominciato ad avere relazioni con gli Ulma e con altre comunità musulmane. Gli Ulma ci sono stati di grande aiuto in casi di accuse per blasfemia. Alcune volte infatti, se interveniamo tempestivamente, possiamo salvare delle persone. Quando la situazione si surriscalda, la gente potrebbe farsi giustizia da sola. In queste circostanze è davvero importante costruire relazioni di dialogo interreligioso. Vorremmo che i media promuovessero di più il dialogo interreligioso e gli dessero più spazio: questo potrebbe contribuire molto alla comprensione reciproca. Anche la nostra Commissione per la Giustizia e la Pace sta rispondendo a queste sfide lavorando sul territorio e a contatto con la gente, aiutandola nei casi di accuse di blasfemia».

Cosa vede nel futuro della Chiesa in Pakistan ?

«La Chiesa cattolica ha un grosso impatto sulla società. Abbiamo scuole, cui anche i nostri sorelle e fratelli musulmani vorrebbero mandare i loro figli. Dobbiamo però affrontare il problema di città che diventano sempre più grandi. Noi invece non possiamo espandere la nostra offerta di istruzione per limitate possibilità economiche. Per un servizio migliore e per avere un impatto ancora maggiore nella società pakistana dovremmo costruire più scuole e più collegi. Siamo limitati in questo senso, ma vogliamo contribuire come nel passato al progresso della società pakistana».