Carpi , domenica, 19. maggio, 2019 10:00 (ACI Stampa).
Ci troviamo nel Cenacolo. Siamo alla vigila della passione e morte e Cristo si rivolge ai discepoli chiamandoli “figlioli”, cioè “piccoli cari figli”, manifestando nei loro confronti una cura ed un amore quasi materni. Fino ad ora Egli è stato in mezzo a loro e li ha protetti, ma ora sta per essere messo a morte e pertanto consegna ai discepoli il suo “testamento”.
Con il comandamento Amatevi gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri, Gesù indica ai discepoli una modalità nuova della sua presenza in mezzo a loro, nel tempo che va dalla resurrezione al suo ritorno glorioso: l’amore reciproco. Il comandamento dell’amore è qualificato come un “dono” perché è una strada di vita e una luce che ci viene offerta per uscire dalla chiusura dell’odio, dall’egoismo e aprirci al mondo di Dio.
L’amore reciproco trova in Gesù il modello e la sorgente. Il modello perché il discepolo è chiamato ad accettare il fratello, ad aiutarlo, ad essere attento al suo bene, a perdonare come, appunto, ha fatto Gesù. In questo modo ciascuno rappresenta per l’altro Gesù.
Tuttavia, l’amore del credente non è “originario”. Trova la sua sorgente nel Signore, proviene da Lui. Pertanto, affinchè l’amore raggiunga il proprio obiettivo, ossia i fratelli, il discepolo è chiamato ad accogliere prima l’amore che Gesù offre. Si tratta di una necessità! Diversamente non è possibile amare i fratelli con lo stesso amore con cui Gesù ci ama. Noi possiamo amarci tra noi perché il Signore per primo ci ha amati. L’amore di Gesù per noi diventa, dunque, il motivo, la ragione del nostro amore fraterno.
Le caratteristiche dell’amore di Cristo sono la reciprocità (Amatevi gli uni gli altri), la gratuità e l’universalità. In altre parole, l’amore fraterno non si identifica con la simpatia naturale, con il tornaconto, ma con il volere il bene dell’altro, chiunque esso sia, per gratuità e non per interesse.