Città del Vaticano , mercoledì, 29. luglio, 2015 15:07 (ACI Stampa).
“Cristiani ed ebrei devono ritrovarsi.” Lo aveva scritto Giovanni Paolo II, correggendo il giornalista Gianfranco Svidercoschi, che stava dando alle stampe la “Lettera ad un amico ebreo,” e che aveva invece scritto “Cristiani ed ebrei devono riabbracciarsi.” Il libro racconta la storia dell’amicizia tra Karol Wojtyla e Jerzy Kluger, un cattolico e un ebreo, che si volevano bene da bambini, furono separati dalla guerra, si reincontrarono in Italia negli Anni del Concilio. Solo che questo cattolico sarebbe diventato Papa. Ed è la storia di questa amicizia che fa da filo rosso ad “Una Benedizione Reciproca,” una mostra tutta dedicata al rapporto tra Giovanni Paolo II e gli Ebrei, allestita in Vaticano, al Braccio di Carlo Magno, fino al 17 settembre.
Una mostra che è stata allestita già in America, a partire dal 2005, in 18 posti diversi. Sono state più di un milione le persone che la hanno visitata, e in tutte è nato l’interesse per questo rapporto speciale nato tra Giovanni Paolo e il popolo ebraico. Un rapporto che ha le sue radici in questa amicizia, profonda, che si sviluppò sui banchi di scuola, tra Jerzy Kluger e lui. Tra loro si chiamavano Jurek e Lolek, e hanno continuato a chiamarsi così fino alla fine.
C’era anche Jerzy Kluger tra i fedeli polacchi di Roma che salutavano il nuovo Papa nel 1978. E ovviamente fu chiamato a salutare personalmente il suo amico. I giornali titolarono che il primo saluto del nuovo Papa è all’amico ebreo. Non era esattamente così, ma contribuì a creare quel clima di amicizia che portò, nel 1986, alla prima storica visita di un Papa in una sinagoga.
“Ora vediamo le fotografie e ci sembra una cosa normale. Ma posso garantire che no, quell’abbraccio tra Giovanni Paolo II e il rabbino capo Elio Toaff di fronte alla sinagoga di Roma, non era una cosa normale. Era una cosa epocale. Si era passati dai teologi ai fatti,” ha raccontato il 28 luglio, alla presentazione della mostra, il rabbino capo della Comunità Ebraica Romana Riccardo Di Segni.
La mostra è divisa in quattro sezioni: il primo è dedicato all’infanzia di Karol Wojtyla a Wadowice, in Polonia, e va dal 1920 al 1938; il secondo capitolo va dal 1929 al 1945, e copre gli anni della guerra: in quel periodo, il giovane Wojtyla vede la sofferenza della popolazione ebraica, e matura la sua vocazione; la terza sezione della mostra riguarda gli anni che vanno dal 1946 al 1978, ed è tutta dedicata al ministero di Wojtyla, dalla sua ordinazione sacerdotale alla sua ordinazione a Papa; e poi, c’è tutto il pontificato, tutti i passi intrapresi da San Giovanni Paolo perché cattolici ed ebrei si ritrovassero.