Questo non spaventò i quattro beati, i quali – ricorda ancora il Cardinale – “conducevano una pastorale aperta alle nuove sfide pastorali, attenta alla promozione delle fasce più deboli, alla difesa della dignità e alla formazione delle coscienze”.
È una opera “di formazione alla fede”, nel desiderio di attuare i dettami conciliari, tanto che il Cardinale Becciu li definisce “martiri dei decreti conciliari”, tanto che “furono uccisi a motivo della loro premurosa attività di promozione della giustizia cristiana”, perché se il potere politico si professava “rispettoso, anzi addirittura difensore, della religione cristiana”, dall’altra mirava a “strumentalizzarla”.
I nuovi beati non si piegarono a questi dettami, e si “sforzarono di operare una fede che incidesse anche nella vita, affinché il Vangelo diventasse fermento nella società di una umanità nuova fondata sulla giustizia, la solidarietà e l’uguaglianza”.
Poi, il Cardinale Becciu tratteggia ad uno ad uno i nuovi beati: il vescovo Angelelli e la sua azione “a favore dei più bisognosi e sfruttati, come anche nel valorizzare la pietà popolare come antidoto all’oppressione”; i sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville e la loro capacità di cogliere e rispondere alle sfide dell’evangelizzazione; Wenceslao Pedernera e la sua attività sociale portata avanti da membro attivo del movimento cattolico rurale.
Sono tutti “modelli di vita cristiana”, che esortano “ad esercitare il ministero con ardente carità”, ad “essere assidui nella preghiera”, a “non scendere a compromessi.
Loro “vissero e morirono per amore”, e noi “li ammiriamo per il loro coraggio. Li ringraziamo per la loro fedeltà in circostanze difficili, una fedeltà che è più di un esempio: è un’eredità per questa diocesi e per l’intero popolo argentino e una responsabilità che va vissuta in ogni epoca”.
Al momento della beatificazione, la lettura delle biografie ufficiali dei santi ne connotano i tratti. Quella del vescovo Angelelli stabilisce un rapporto stretto tra il contesto politico e la persecuzione, fino all’incidente automobilistico in cui perì il 4 agosto 1976 in quella che oggi è chiamata Ruta Monsignor Enrique Angelelli, un incidente falso, come certificato da una inchiesta della magistratura che portò il 4 luglio 2014 ad una sentenza che riconobbe che l’incidente era doloso. Nella biografia ufficiale, la figura del vescovo di La Rioja è messa in relazione con il Concilio Vaticano II, come ha fatto anche il Cardinale Becciu nell’omelia, e connessa con la tradizione del post-concilio dell’America Latina.
Di padre Langueville, missionario fidei donum, vengono fatti risaltare i natali francesi e il servizio militare in Algeria, fino all’arrivo nel 1968, dove “si unisce con convinzione al progetto di Angelelli”, fino ad essere sequestrato e ucciso insieme al sacerdote Murias.
Anche quest’ultimo era entrato nell’entourage di Angelelli, dopo aver abbandonato gli studi da ingegnere ed essere diventato francescano conventuale, è entrato in contatto con la villas miserias di Buenos Aires e poi è andato a La Rioja per stabilire una comunità dell’Ordine dei Frati Minori Conentuali.
Di Pedernera, padre di famiglia, viene piuttosto esaltato l’impegno nel campo delle cooperative rurali, che lo porto a trasferirsi a La Rioja da Angelelli con moglie e tre figlie dopo un incontro con l vescovo Angelelli. Ma – si legge nella biografia – “in Argentina in quel momento, questo servizio a favore dell’associarsi solidale dei lavoratori era sospettato e stigmatizzato come sovversivo, e per questo motivo, in particolare dopo l’instaurarsi della dittatura militare, Wenceslao subirà diverse minacce con i suoi famigliari”. Fu crivellato di colpi nella sua casa, davanti a moglie e figlie, e morì dopo poche ore di agonia, perdonando i suoi assassini e chiedendo alla sua famiglia di non odiare.
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