Città del Vaticano , sabato, 20. aprile, 2019 21:46 (ACI Stampa).
Come le donne che camminano verso il sepolcro anche noi “oggi scopriamo che il nostro cammino non è vano, che non sbatte davanti a una pietra tombale. Una frase scuote le donne e cambia la storia: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Pasqua è la festa della rimozione delle pietre. Dio rimuove le pietre più dure, contro cui vanno a schiantarsi speranze e aspettative: la morte, il peccato, la paura, la mondanità”. Lo ha detto il Papa nell’omelia della Veglia Pasquale presieduta questa sera in San Pietro.
“La storia umana - rileva Francesco - non finisce davanti a una pietra sepolcrale, perché scopre oggi la pietra viva: Gesù risorto. Noi come Chiesa siamo fondati su di Lui e, anche quando ci perdiamo d’animo, quando siamo tentati di giudicare tutto sulla base dei nostri insuccessi, Egli viene a fare nuove le cose, a ribaltare le nostre delusioni. Ciascuno stasera è chiamato a ritrovare nel Vivente colui che rimuove dal cuore le pietre più pesanti”.
Oggi noi siamo chiamati a rimuovere le pietre, a partire da quella della sfiducia. “Quando si fa spazio l’idea che tutto va male e che al peggio non c’è mai fine - osserva il Pontefice - rassegnati arriviamo a credere che la morte sia più forte della vita e diventiamo cinici e beffardi, portatori di malsano scoraggiamento. Pietra su pietra costruiamo dentro di noi un monumento all’insoddisfazione, il sepolcro della speranza. Lamentandoci della vita, rendiamo la vita dipendente dalle lamentele e spiritualmente malata. Si insinua così una specie di psicologia del sepolcro. Il Signore non abita nella rassegnazione. È risorto, non è lì; non cercarlo dove non lo troverai mai: non è Dio dei morti, ma dei viventi. Non seppellire la speranza!”.
Un’altra pietra che siamo chiamati a rimuovere è quella del peccato. Una pietra che “seduce, promette cose facili e pronte, benessere e successo, ma poi lascia dentro solitudine e morte. Il peccato è cercare la vita tra i morti, il senso della vita nelle cose che passano”. Dobbiamo abbandonare questa pietra e vivere “per il Signore della vita”.
Le donne dinanzi all’Angelo hanno paura. E così capita anche a noi. Spesso - ammette il Papa - “preferiamo rimanere accovacciati nei nostri limiti, rintanarci nelle nostre paure”. Lo facciamo “perché nella chiusura e nella tristezza siamo noi i protagonisti, perché è più facile rimanere soli nelle stanze buie del cuore che aprirci al Signore. Eppure solo Lui rialza. Il Signore ci chiama ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto e credere che siamo fatti per il Cielo, non per la terra; per le altezze della vita, non per le bassezze della morte. Dio ci chiede di guardare la vita come la guarda Lui, che vede sempre in ciascuno di noi un nucleo insopprimibile di bellezza. Nel peccato, vede figli da rialzare; nella morte, fratelli da risuscitare; nella desolazione, cuori da consolare. Non temere, dunque: il Signore ama questa tua vita, anche quando hai paura di guardarla e prenderla in mano”.