Roma , venerdì, 19. aprile, 2019 22:15 (ACI Stampa).
Le meditazioni della suora anti-tratta, Suor Eugenia Bonetti, fanno da filo conduttore nella Via Crucis del Venerdì Santo che Papa Francesco presiede- come ogni anno dal 1970 - al Colosseo. Il Pontefice, nella sua preghiera finale, chiede ai fedeli di “vedere nella Croce di Gesù tutte le croci del mondo”.
“Con Cristo e con le donne sulla via della croce”: le ha pensate così la suora, missionaria della Consolata, le meditazioni del Venerdì Santo al Colosseo. Suor Eugenia è presidente dell’Associazione “Slaves no more”.
Le stazioni sono una riflessione sulle donne schiave, una chiamata alla responsabilità per mettere fine al dramma di tante giovani. Suor Eugenia racconta che il suo sogno è che al Colosseo, luogo di sofferenze del passato, oggi si raccolgano i dolori di tante donne “senza volto, senza nome, senza speranza, trattate solo come usa e getta”.
Papa Francesco nella preghiera ripete tantissime volte la parola croce e rivede in essa i mali e i dolori del mondo : “La croce delle persone affamate di pane e di amore; la croce delle persone sole e abbandonate perfino dai propri figli e parenti; la croce delle persone assetate di giustizia e di pace; la croce delle persone che non hanno il conforto della fede; la croce degli anziani che si trascinano sotto il peso degli anni e della solitudine; la croce dei migranti che trovano le porte chiuse a causa della paura e dei cuori blindati dai calcoli politici; la croce dei piccoli, feriti nella loro innocenza e nella loro purezza; la croce dell’umanità che vaga nel buio dell’incertezza e nell’oscurità della cultura del momentaneo”.
Nelle tappe di Gesù verso il Calvario, suor Eugenia Bonetti riconosce diversi episodi di cui è stata testimone; nell’incontro con Maria intravede le “troppe mamme che hanno lasciato partire le loro giovani figlie verso l’Europa nella speranza di aiutare le loro famiglie in povertà estrema, mentre hanno trovato umiliazioni, disprezzo e a volte anche la morte”; in Gesù che cade per la prima volta, fragilità e debolezza umana sono spunto per ricordare i samaritani di oggi che si chinano “con amore e compassione sulle tante ferite fisiche e morali di chi ogni notte vive la paura del buio, della solitudine e dell’indifferenza”.