Roma , martedì, 23. aprile, 2019 10:00 (ACI Stampa).
L’accordo Cina – Santa Sede ha oggi portato alla ribalta l’annosa questione dell’interferenza dei governi sulla nomina dei vescovi, e si sono fatti paralleli con il Concordato con Napoleone del XIX secolo. Ma la verità è che, al tempo di Napoleone, la cosa veniva anche in qualche modo accettata. Tranne che da un domenicano, Henri-Dominique Lacordaire.
Il fatto che fosse un domenicano ad anticipare quello che poi sarebbe divenuto pensiero comune all’interno della Chiesa non deve sorprendere. Furono i domenicani i precursori dei diritti umani, con la Scuola di Salamanca e il geniale Francisco de Vitoria, citato anche da Benedetto XVI nel suo discorso alle Nazioni Unite. E da quella scuola di Salamanca venne anche Tomas de Mercado, che affrontò – nomen omen – il tema del mercato che si era aperto con il nuovo mondo. Ma, a guardare ancora indietro, c’era già Caterina da Siena che si appellava ai governanti con piglio deciso e temi moderni. E c’era Tommaso d’Aquino che, tra le tante cose, ha aperto la strada al concetto delle limitazione del governo.
Un patrimonio tutto da scoprire, che è stato sviscerato in un convegno, “Libertà, Virtù e la Buona Società: il contributo domenicano”, lo scorso 4 dicembre. Organizzato dall’Acton Institute, il convegno è la naturale prosecuzione di un percorso cominciato nel 2017, quando si andò a vedere il contributo dei gesuiti. E mostra come, davvero, al di là di tutti i pregiudizi, le menti della Chiesa cattolica avessero compreso le grandi sfide prima di tutti.
Henri-Dominique Lacordaire è colui che ha ricostituito l’Ordine Domenicano in Francia dopo la Rivoluzione. Ma – ha spiegato Samuel Gregg, direttore dell’Acton Institute – il suo contributo maggiore ha riguardato proprio i rapporti tra Stato e Chiesa. Perché padre Lacordaire non era un gallicano, non voleva una Chiesa francese opposta a quella vaticana. Al contrario.
Così, nel 1830, Lacordaire criticò lo stipendio dato ai sacerdoti francesi dal governo, perché erano “predati dai nostri nemici, da quanti ci trattano come ipocriti o imbecilli, e da quelli che sono persuasi dal fatto che la nostra vita dipenda dai soldi”.