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Notre Dame: le reliquie perdute, gli incendi di Parigi e la profezia di Don Bosco

Cattedrale di Notre Dame | L'interno della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi dopo l'incendio | da Twitter Cattedrale di Notre Dame | L'interno della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi dopo l'incendio | da Twitter

La croce e l’altare sono rimasti al loro posto, e sono stati la prima cosa che hanno visto i pompieri finalmente entrati nella Cattedrale di Notre Dame dopo aver domato le fiamme. E anche il bellissimo rosone del XIII secolo che dava luce alla cattedrale è rimasto lì. Ma la guglia è andata, e con lei si pensa siano andate perdute anche le tre sacre reliquie contenute nella scultura di un gallo su di essa: un pezzettino della corona di spine, una reliquia di San Denis, e un’altra d Santa Genoveffa, patrona della città di Parigi.

Sembra che invece queste reliquie siano rimaste intatte all'interno della carcassa del gallo recuperata.

Il giorno dopo la fine del terribile incendio che ha fatto cenere della foresta di travi sul tetto della cattedrale messe su nel XIII secolo da una delle più antiche falegnamerie francesi, è tempo di bilanci. Di comprendere cosa si è perso e cosa si è salvato. Cominciare a quantificare i danni - per ora sono stati raccolti un 420 milioni di dollari. Ma è anche tempo di inquadrare l’incendio di Notre Dame in una cornice più ampia.

Come succede sempre quando c’è un attentato in Francia – e ultimamente drammaticamente troppo spesso – subito si è ricordata la profezia che San Giovanni Bosco consegnò a Papa Pio IX il 5 gennaio 1870. Era una profezia in tre parti, e una riguardava proprio Parigi.

“Le leggi di Francia – scriveva il fondatore dei salesiani – non riconoscono più il Creatore, ed Egli si farà conoscere e la visiterà tre volte con la verga del suo furore. Nella prima abbatterà la sua superbia con le sconfitte, con il saccheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e degli uomini. Nella seconda la grande prostituta di Babilonia, quella che i buoni sospirando chiamano il Postribolo d’Europa, sarà privata del capo in preda al disordine”.

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Continuava il santo: “Parigi! Parigi! Invece di armarti del nome del Signore, ti circondi di case di immoralità. Esse saranno da te stessa distrutte, l’idolo tuo, il Pantheon, sarà incenerito, affinché si avveri che mentita est iniquitas sibi (l’iniquità ha mentito a se stessa). I tuoi nemici ti metteranno nelle angustie, nella fame, nello spavento e nell’abominio delle nazioni. Ma guai a te se non riconosci la mano di chi ti percuote! Voglio punire l’immoralità, l’abbandono, il disprezzo della mia legge – dice il Signore”.

Quindi, la terza visita del Signore. “Cadrai in mano straniera – scriveva don Bosco - i tuoi nemici di lontano vedranno i tuoi palazzi in fiamme, le tue abitazioni divenute un mucchio di rovine bagnate dal sangue dei tuoi prodi che non sono più”.

Si tratta di una profezia terribile. Tanto più che sembrerebbe una profezia rovesciata. Perché l’ultimo rapporto dell’Osservatorio della Cristianofobia in Francia ha delineato come siano le chiese e i luoghi di culto ad essere presi di mira. Sono stati 65, nei primi due mesi dell’anno, i casi di profanazione o vandalismo su edifici di culto. Febbraio è stato il mese nero, ma le cose sono continuate sempre peggio, in una escalation che ricorda quella che precedette il martirio di padre Jacques Hamel nel 2016.

Davvero sono solo gli edifici cristiani a prendere fuoco? Davvero la Francia primogenita della Chiesa ha preso ad attaccare solo edifici cristiani?

A guardare i dati, si direbbe di no. Vero che prima di Notre Dame, il 17 marzo, era incendiata la chiesa di Saint Sulpice, la seconda più grande di Parigi.

Ma gli episodi di incendio non avevano riguardato solo le chiese. Il 6 aprile c’era stata una esplosione ed incendio un palazzo del 19esmo arrondissement, senza vittime. Il 16 maggio, il movimento di protesta dei Gilet Gialli aveva incendiato il Magasin Longchamp sugli Champs Elysees. Il 24 febbraio, l’esplosione di un furgoncino ha acceso la benzina che si è versata lungo il marciapiede e incendiato circa 12 veicoli. Il 5 febbraio, un violento incendio in un palazzo di 8 piani al 16esimo arrondissement uccide 10 persone. Il 12 gennaio, una fuga di gas in rue de Trevis, nel 9 arrondissement, provoca una esplosione che causa la morte di due pompieri e il ferimento di una cinquantina di persone.

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Parigi brucia, insomma, mentre gli edifici di culto in tutta la Francia sono sotto attacco costante. E nel frattempo, arrivano messaggi di cordoglio da tutto il mondo: il Cardinale Angelo de Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, scrive al presidente Macron, che è anche primo canonico della Basilica di San Giovanni in Laterano; e arrivano i messaggi di solidarietà dalle Chiese di Terrasanta, dal Consiglio Mondiale delle Chiese, dal patriarca Bartolomeo.

Quali sono i danni causati dall'incendio?

Prima di tutto, la guglia di Notre Dame, il cui crollo è stato ripreso in diretta. La guglia era stata progettata da Viollet le Duc, che aveva riportato la cattedrale ad antico splendore dopo gli anni bui della rivoluzione, quando fu persino trasformata in stalla prima che un movimento popolare spinto anche dal successo del romanzo “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo non avesse portato alla ristrutturazione. La guglia sostituiva quella precedente, che aveva svettato sui tetti di Parigi dal XIII al XVIII secolo.

Quindi, si è perso l’intrico di travi di quercia, creata intorno al 1220 dalla falegnameria di Saint Pierre de Mortmartre; è stato danneggiato il grande organo a cinque tastiere e circa 8 mila canne che aveva resistito persino alla Rivoluzione del XVIII secolo; è stato danneggiato l’arredamento circostante l’altare; è incerto il destino del muro che circonda il coro, dove erano rappresentate le scene della vita di Gesù.

L’altare ha tenuto, mentre molte vetrate sono rimaste danneggiate o si sono rotte. Si devono comunque verificare le condizioni del piombo in quelle intatte.

Ma le reliquie si sono salvate, e in particolare la corona di spine, portata in Francia da Costantinopoli nel XII secolo.

Il rosone del XIII secolo sembra “non essere distrutto”, ha detto Maxime Cumunel, segretario generale dell’Osservatorio di Francia per l’eredità religiosa. Che poi ha affermato di aver “evitato un completo disastro, sebbene circa il 10 per cento delle opere d’arte sia probabilmente finita distrutta, più a causa del fumo che dell’incendio.

Ma si sono salvati il mantello di San Luigi, re di Francia nel 13esimo secolo, così come la campana di 13 tonnellate che suono rumorosamente solo in occasioni speciali come la Pasqua. E si sono salvate anche 16 statue di bronzo che decoravano la guglia, perché portate via per il restauro proprio qualche giorno prima del disastro.

Non si sa ancora se Notre Dame sia stata vittima di un attacco, di incuria o della labilità delle sue strutture che stavano appunto venendo restaurate. Di certo, la Parigi che brucia, gli attacchi alle chiese, il clima difficile rimandano direttamente alla profezia di don Bosco. E non è certo una delle cose migliori.