Roma , venerdì, 12. aprile, 2019 18:00 (ACI Stampa).
Rinascere: non solo è possibile, ma ci accade spesso, anche se a volte neppure ce ne accorgiamo. Abbiamo sempre la possibilità di ricominciare, abbiamo la possibilità di celebrare la Pasqua, che è morte e resurrezione.
E' vero che queste parole oggi appaiono svuotate, private del loro senso originario e consegnate al vuoto chiacchiericcio della pubblicità, del rito sociale. Anche quest'anno ci prepariamo alla Pasqua ma tutt'intorno si sente quasi esclusivamente parlare di uova di cioccolato, di vacanze, di viaggi, di pranzi...E in generale si viene avvolti in un'atmosfera di stanchezza, se non di tristezza, di ansia, mentre si avvicina quella che è la festa al centro della nostra fede, quel che la rende vera, ossia la Resurrezione di Cristo.
Cercare di vivere la Quaresima, la Settimana Santa insieme, nelle parrocchie, nelle comunità varie, in famiglia, è ovviamente la via migliore per liberarsi da idee cupe, da falsi problemi, rimettendo al proprio posto uova di cioccolato, pranzi, gite, viaggi, ossia non al centro della Pasqua, ma come possibile e tutt'al più piacevole corollario. Aiutano anche le letture. Così riesce ad infondere un "senso pasquale" molto concreto leggere un libro come "Sono rinata. Testimonianza di salvezza" di Mariangela Calcagno, edizioni Shalom.
Si tratta del racconto, intenso, semplice, ma anche ironico e ricco di concretezza, di fatti, di incontri, intessuti in una vita esemplare, nel senso latino di exemplum, che mostra qualcosa che a tutti noi dice qualcosa, qualcosa che ciascuno può elaborare per sé stesso, per la propria vita. Angela, in seguito battezzata con il nome di Mariangela (ad un certo punto si scoprirà che non è stata battezzata, quindi dovrà farlo da adulta) , è una bambina rifiutata, abbandonata in un orfanotrofio e adottata in tenere età, a sei anni, ma la ferita dell'abbandono non si rimargina facilmente, le prime impressioni della vita sono quelle, appunto, di essere stata lasciata in un luogo estraneo come un pacco, sola, senza nessuno a cui tendere le braccia e chiamare "mamma", "papà".
Nella famiglia adottiva non si sente realmente una"figlia", così comincia a trasformarsi in un'adolescente perennemente in lotta, in fuga.