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Il Trono di Grazia, la Trinità fiamminga ai Musei Vaticani

Trono di Grazia, la Trinità secondo Vrancke van der Stockt |  | Musei Vaticani Trono di Grazia, la Trinità secondo Vrancke van der Stockt | | Musei Vaticani

Una delle iconografie più antiche più difficili è quella delle Trinità. I cristiani di tutto il mondo confessano la loro fede in un Dio uno e trino. Un unico Dio in tre persone: il suo volto è quello di un Padre che è origine di ogni cosa, ci ama e ci sostiene; è quello di un Figlio che ci salva, facendosi uno di noi; è quello di un Amore che non ha confini di spazio e di tempo, ci rigenera e ci rinnova.

Gli artisti cristiani nei secoli hanno scelto diverse immagini per rappresentare un mistero inaccessibile alla sola ragione umana. E alcune volte si è arrivata a simbologie ardite o addirittura geometriche.

Una delle più interessanti è quella di area germanica che nasce dall’ idea del Trono di Grazia, e particolare è il Trono di Grazia di Vrancke van der Stockt del Museo Diocesano di Caltagirone. I Musei Vaticani in occasione della Quaresima hanno presentato il restauro di questa opera con un’esposizione nella Sala XVII della Pinacoteca vaticana, con una piccola mostra allestita fino all’ 8 giugno: Rappresentare il Mistero della Trinità, curata da Adele Breda.

L’opera del pittore fiammingo Vrancke van der Stockt  datata verso la fine del ‘400. Il dipinto apparteneva alla nobile famiglia siciliana Interlandi, fino a quando nel 1783 passò alla chiesa di San Giorgio a Caltagirone come lascito testamentario della devota baronessa Agata Interlandi di Favarotta.

Come spiega la curatrice della mostra : “Nel Trono di Grazia Interlandi, opera della sua piena maturità, il pittore propone una complessa iconografia intrecciando sapientemente tre temi diversi in un’unica composizione. Il soggetto principale è il trono di Grazia, ovvero la rappresentazione di Dio Padre, assiso sul trono, che accoglie e mostra il Figlio morto, mentre tra i loro volti aleggia la colomba dello Spirito Santo. Tale immagine, evocativa dell’amore misericordioso di Dio, si potrebbe quasi definire una Pietà al maschile.

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Su questo tema si innesta quello dell’Ultimo Giudizio al quale allude la nube rossa apocalittica e la sfera cosmica che si trova sotto i piedi di Cristo insieme ai due arcangeli ai lati del trono — Michele con la spada della giustizia e Gabriele con il giglio della purezza.

Infine, nella parte inferiore del dipinto, lo spazio più vicino al devoto è occupato dalle figure della Madonna affranta, sostenuta da Giovanni e da quella di Maria Maddalena, come nelle scene della deposizione dalla croce. Gli abiti alla moda del tempo e i tessuti preziosi ci parlano delle Fiandre, delle botteghe di tessitori, di tintori, e attualizzano l’avvenimento”.

Una sezione della mostra è dedicata all'iconografia del Trono di Grazia, detto anche Gnadenstuhl, che prende forma nella Germania occidentale e nel bacino della Mosa nei primi decenni del XII secolo. Le prime attestazioni ricorrono negli arredi sacri e in ambito miniaturistico. Nel Canone Romano, questa particolare iconografia, con Dio Padre che sorregge

Cristo inchiodato sulla croce, accompagna la preghiera eucaristica del Te igitur dove, a volte, è miniata nel capolettera “T”. Il Trono di Grazia Interlandi  si basa sulla verticalità delle tre Persone, ma soprattutto l’immagine di un Cristo morto che, con la mano, mostra la ferita del costato e  allude,  all’offerta di Cristo stesso per la salvezza dei peccatori e rievoca il momento dell’Offertorio nella celebrazione eucaristica.

Ci sono  poi altri elementi, come la sfera che simboleggia il Mondo, posta sotto i piedi di Gesù, la nube rossa apocalittica, gli Arcangeli ai lati del trono,  sono tracce che ci indirizzano verso il tema dell’Ultimo Giudizio.

 

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