Città del Vaticano , venerdì, 22. marzo, 2019 14:00 (ACI Stampa).
Non si da chi chiese a Leonardo da Vinci di dipingere l’immagine di San Girolamo che è conservata nei Musei vaticani. Ma quello che è certo che oggi ammirando questo quadro incompiuto e ricomposto dopo essere stata usato anche come copertura di una sedia di un ciabattino, si resta affascinati dalla forza espressiva del maestro che addirittura ha lasciato una sua impronta nel dipinto.
Il San Girolamo dei Musei Vaticani sarà per alcuni mesi fino al 22 giugno esposto nel Braccio Carlo Magno in Piazza San Pietro accompagnato dalla sua storia e dallo studio della tecnica leonardesca.
Il da Vinci nel suo periodo romano abitò in un edificio verso il Belvedere tra il 1514 e il 1517 che oggi è parte dei Musei. Un periodo in cui i grandi maestri lavoravano nella Roma del Papa.
L’occasione della mostra sono le celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci (1452-1519). Il soggetto è intenso, il padre del deserto Girolamo. C’è chi ha voluto vedere nel quadro il frutto di una devozione privata dell’artista. Ma la storia è confusa. Il dipinto è documentato agli inizi dell’Ottocento nella collezione della celebre pittrice Angelica Kauffman.
Non è chiaro che sorte ebbe il dipinto dopo la morte della Kauffmann, ma è noto che esso entrò a far parte della collezione del card. Joseph Fesch (1763-1839), zio di Napoleone, e che stando al suo biografo J.B. Lionnet, ebbe il merito di ricongiungere le due parti che erano state segate dell’opera: la parte bassa, di più grandi dimensioni, utilizzata come anta di una credenza e trovata presso un rigattiere; la seconda, con la testa del santo, utilizzata come piano di uno sgabello da un ciabattino.