Santa Sede all’ONU di New York: contro il traffico di esseri umani
Si tiene presso le Nazioni Unite la 63esima sessione della Commissione sullo Status della donna, dall’11 al 21 marzo. Capo della delegazione della Santa Sede è l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite di New York.
Lo scorso 12 marzo, l’arcivescovo Auza ha tenuto l’intervento di apertura ad un side event su “I sistemi di protezione sociale e l’accesso ai servizi pubblici nella lotta contro il traffico di esseri umani e la moderna schiavitù”, sponsorizzato dalla Santa Sede con la fondazione Arise.
L’arcivescovo Auza ha detto che il tema della Commissione, centrato sui sistemi di protezione e l’accesso ai servizi pubblici, è uno dei temi centrali nella lotta contro il traffico di esseri umani, perché “senza accesso a risorse economiche, lavoro dignitoso, proprietà, nuove tecnologie, mezzi di microfinanza e copertura sanitaria, medicine, vaccini, educazioni e giustizia”, le persone, e in particolare donne e ragazze, sono “vulnerabili” e possono essere sfruttate o vittime della tratta.
L’Osservatore della Santa Sede ha quindi sottolineato che una delle priorità è quella di “assicurare accesso ad educazione, lavori, cura sanitaria”, e di reintegrare le vittime della tratta, citando in particolare gli “Orientamenti pastorali sul Traffico di Esseri Umani” recentemente presentato dalla sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero Vaticano per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale.
Tra i delegati della Santa Sede alla Commissione sullo Status della Donna, anche Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani.
La Santa Sede all’ONU di New York, la vera uguaglianza delle donne
Il 15 marzo, l’arcivescovo Auza è intervenuto ad un’altra sessione della Commissione per lo Status della donna. La sessione era dedicata al tema “Protezioni di sistemi sociali, accesso a servizi pubblici e infrastrutture sostenibili per eguaglianza di genere e conferimento di poteri a donne e ragazze”.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Auza ha detto che ogni programma che possa rafforzare la società e il ruolo della donna nella società deve “considerare le concrete situazioni delle donne nelle famiglie, le situazioni vulnerabili in cui molte donne si trovano, e la necessità di promuovere continuamente la piena fioritura delle donne”.
L’osservatore della Santa Sede ha notato che il contributo delle donne al benessere della società è spesso “poco considerato dalle politiche sociali”, in particolare per quanto riguarda il lavoro di cura che fanno quotidianamente, mentre molte donne “soffrono stigmatizzazione e svantaggi economici per le loro gravidanze, o per le loro vedovanze”. Per questo, i programmi di welfare sociale devono dare loro il riconoscimento e la protezione sociale che meritano.
La Santa Sede ha anche affermato che le donne devono “essere protette dalla violenza in ogni passo del loro ciclo di vita”, e ha concluso dicendo che “attraverso il genio femminile, le donne arricchiscono la comprensione del mondo, promuovono la pace e fanno le relazioni umane più oneste e autentiche”.
L’osservatore alla FAO su donne tra vita e lavoro
Lo scorso 13 marzo, monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM, ha tenuto un discorso al convegno “Ponti, non muri. Donne tra vita e lavoro”.
Ricordando la lettera di Paolo VI alle donne, monsignor Chica Arellano ha sottolineato che le donne sono coloro più in grado di gettare “ponti di pace”. L’osservatore alla FAO ha chiesto di guardare in particolare “a quelle donne, a quelle madri che lavorano nelle aree di campagna, che “svolgono un ruolo cruciale nell’economia rurale, specialmente in Paesi in via di sviluppo”, che sono “essenziali per la conservazione e il miglioramento dei mezzi di sussistenza, per il rafforzamento delle comunità, per il raggiungimento della sicurezza alimentare e nutrizionale e per la lotta alla povertà”.
Le donne, ha detto monsignor Chica Arellano, sono “protagoniste dello sviluppo delle loro famiglie e delle società in cui vivono”, hanno “un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030”, anche perché sono un quarto della popolazione mondiale e in alcune regioni del mondo come l’Africa sub-sahariana o l’Asia meridionale rappresentano il 60-70 per cento della forza lavoro in agricoltura.
In più, le donne ricevono maggiori responsabilità in termini di lavoro e di decisioni, considerando che le ondate migratorie riguardano soprattutto gli uomini.
L’osservatore della Santa Sede alla FAO ha notato che le donne rurali hanno considerazione anche nel diritto internazionale, con menzioni nella Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, o l’istutizione della Giornata Mondiale delle Donne Rurali e la creazione di UN Women.
In particolare, monsignor Chica ha notato che le donne rurali “lavorando nelle imprese familiari, non percepiscono alcuna retribuzione”, mentre altre restano prive di retribuzione sociale. In più, le donne sono il 43 per cento delle forze lavoro, ma hanno meno del 20 per cento della proprietà dei latifondi, e spesso possono essere vittime di trafficanti, trattate come “rifiuti e avanzi”.
Per il rappresentante della Santa Sede, è importante che “le leggi, le politiche e le istituzioni nazionali, i modelli culturali e la mentalità religiosa promuovano e tutelino gli eguali diritti delle donne e il loro accesso alla terra, alle risorse, ai mezzi di sussistenza, ai mercati e al credito”, anche perché “quando alle donne viene assicurato, ad esempio, l’accesso alla terra, si verificano numerosi effetti positivi: aumenta la qualità delle loro condizioni di vita, migliorano la salute e l’educazione, viene loro garantito l’accesso al credito e sono maggiormente tutelate da situazioni di violenza”.
Insomma, l’accesso alla terra è “essenziale per la realizzazione di altri diritti umani, come il diritto alla vita, alla salute, all’alimentazione e al lavoro, all’educazione, all’identità culturale e alla partecipazione alla vita sociale e politica”.
In più, “per rafforzare la posizione delle donne rurali, occorre allora riaffermare come la fondamentale uguaglianza tra l’uomo e la donna, e pertanto l’eguaglianza dei loro diritti fondamentali, sia radicata nella dignità inviolabile della persona umana”.
Il nunzio apostolico in Guatemala
Ha creato molte polemiche un intervento dell’arcivescovo Nicolas Thevenin, nunzio apostolico in Guatemala, che lo scorso 13 marzo, secondo agenzie nazionali, ha appoggiato gli sforzi del Guatemala nella lotta contro la malnutrizione e la droga, e gli accordi per fare avere medicinali a basso costo. In più, il nunzio ha sottolineato che i criminali hanno cercato di creare disaccordo nell’anno delle elezioni.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Thevenin ha definito “una ottima notizia” l’approvazione del programma ‘Crecer Sano’, perché un bambino malnutrito “non ha possibilità di sviluppare le sue capacità”, e ha sottolineato “soddisfacente” il fatto che le retate anti- droga “sono molto aumentati in questi ultimi tempi”. Nello scorso anno, in Guatemala sono stati sequestrati 16828 chili di cocaina.
Il nunzio ha anche applaudito l’accordo del governo per avere medicine a basso costo, con “una rete di 138 farmaci in tutto il territorio del Guatemala”, che permette di curare a “prezzi dell’85 per cento inferiori ai prezzi abituali”.
Dopo 36 anni di guerra civile, il Guatemala si trova ancora in una situazione critica. Lo scorso 13 marzo, il Congresso del Guatemala ha sospeso il voto per l’approvazione finale di una legislazione che avrebbe liberato dozzine di ufficiali militari accusati di genocidio, tortura e crimini contro l’umanità durante la guerra civile che ha colpito la nazione tra il 1960 e il 1996. La messa in stato di accusa di più di 30 ufficiali militari era stata resa possibile dalla legge di Riconciliazione Nazionale che integrava gli accordi di pace. Ma oggi che il conflitto è finito, le questioni non sembrano ancora risolte.
In questo senso, le parole del nunzio, più che una approvazione al governo guatemalteco, suonano come una ammonizione sui passi da fare, un indiretto invito a lavorare per il benessere della popolazione. Nella tradizione della Santa Sede, l’arcivescovo ha dettato una linea senza effettivamente contrapporsi.
Il nunzio in Grecia incontra il ministro degli Esteri
L’arcivescovo Savio Tai Fai Hon, nunzio apostolico in Grecia, si è incontrato lo scors 14 marzo con il viceministro degli Affari Esteri ellenico Markos Bolaris.
In una nota rilasciata dal ministero degli Esteri, si sottolinea che durante l’incontro il nunzio si è congratulato con il viceministro e il governo greco per la Conferenza di due giorni sulla diplomazia religiosa ed ecclesiastica (che si è tenuta dal 28 febbraio all’1 marzo), sottolineando che “la buona volontà di tutte le religioni per la cooperazione era evidente”, e ha messo in luce che la conferenza ha permesso “il libero scambio di vedute e contatti, anche a margine delle sessioni, enfatizzando che le visioni differenti hanno messo in luce la necessaria collaborazione per la promozione di una coesistenza pacifica dei gruppi religiosi nonostante le differenze esistenti”.
L’arcivescovo Savio ha anche spiegato al Primo Ministro l’organizzazione della Chiesa cattolica.
La Chiesa cattolica è minoranza in Grecia, mentre la Chiesa Ortodossa Greca è religione di Stato, e i sacerdoti erano considerati ufficiali pubblici.
Recentemente, in Grecia, è stato siglato un nuovo accordo tra la Chiesa di Grecia (ortodossa) e lo Stato, dopo un incontro tra il patriarca Girolamo e il premier Tsipras. Dopo l’accordo, i sacerdoti della Chiesa ortodossa greca non saranno più considerati ufficiali pubblici, ma lo Stato si farà carico di corrispondere una somma pari a quella degli stipendi da loro percepiti, e la Chiesa di Grecia dovrà distribuire i fondi. Tsipras ha aggiunto che sarà stabilito un nuovo fondo dalla Chiesa e lo Stato greco per l’uso delle proprietà della Chiesa.