Che cosa significa per te la vocazione, e come è nata?
É il Signore che ti prende per mano quando meno te lo aspetti. Io da dieci anni non frequentavo più la Chiesa, non ci pensavo nemmeno, e l’idea più lontana da me era quella di diventare prete. Ero capo reparto, paramedico all’ospedale a Napoli. Un giorno per puro caso ho dato un passaggio ad un frate francescano. Facevamo la stessa strada io ero in macchina. Era un francescano di osservanza strettissima, con i i sandali ai piedi e un saio grigi. Ci siamo messi a parlare, gli ho chiesto perchè aveva fatto questa scelta, abbiamo parlato di tante cose. Poi io giravo a destra e lui a sinistra e ci siamo lasciati. Ma da qual giorno piano piano per me è cambiato tutto. Era il 1984. Certo non pensavo davvero che mi sarei occupato un giorno di ambiente, di questo dramma infinito che devasta la gente oltre che la natura.
La difesa del creato ha avuto un ruolo specifico nelle tua vocazione?
No non direi. I miei interessi erano più rivolti verso la letteratura, la storia. Ma anche in questo caso è stato il Signore a prendermi per mano in modo inatteso.
Da poco era sorto un quartiere di case costruite in fretta per i terremotato dell’ 80. Un brutto quartiere con un chiesa di quelle moderne davvero brutte. Un quartiere difficile dove il vescovo non voleva mandare un sacerdote troppo giovane. Io ero stato ordinato da solo un anno, ma avevo trentacinque anni e il vescovo mi scelse. Mi disse: prova per un anno se non ce la fai poi vediamo. Dopo qualche mese ero in crisi, ma mi sono detto: non puoi fare questa figura con il vescovo. E così sono rimasto. Da tanti anni. É stato così che ho preso piano piano coscienza di quello che dovevo fare, della mia missione. Non è che sia un ambientalista, no, io amo l’uomo, il Creato di cui l’uomo è parte, di cui l’uomo è custode.
Se maltrattiamo la natura, se l’uomo non la difende e la protegge questa distrugge noi.
E così ho iniziato una battaglia, che è anche spirituale. Per aiutare la mia gente, per essere vicino alle persone che qui muoiono.
Fin dall’inizio io scrivevo alcuni articoli per Avvenire, ma mai al mondo mi sarei sognato di essere quello che portava politici e giornalisti nelle discariche. Ma è il Signore che ha tracciato la strada perchè mi ha messo davanti quello che dovevo fare.
Il Papa ha pubblicato una enciclica sull’ ecologia in senso molto ampio anche spirituale. Come può un giovane arrivare alla vocazione attraverso la difesa del creato?
Il Papa dice sempre: Dio perdona sempre, gli uomini a volte la natura mai. Ecco credo che ci dobbiamo ricordare questo. Parlando di spiritualità penso che quando pensiamo a riflettere immaginiamo di farlo sempre in qualche bel posto. In riva al mare, su una montagna, non pensiamo mai a farlo davanti ad una discarica. Invece dovremmo imparare anche questo. Perchè è un insegnamento che dovremmo imparare vedendo come l’uomo riesce a distruggere la natura e se stesso. Vedere questi scempi ci deve fa capire che invece tendiamo e sogniamo il bello, il bello assoluto che è Dio.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Qualche tempo fa sono stato ad una mostra fotografica fatta da giovani. Avevano esposto foto belle solo del passato, e qualche panorama. Ecco sembra che oggi non riusciamo più a capire e vedere il bello.
Una vera battaglia spirituale oltre che sociale?
É qualcosa di più è portare l’attenzione sull’uomo, sulle persone. Vedi il quartiere dove lavoro è un quartiere difficile. Negli ultimi anni ci hanno ammazzato dieci persone. E ultimamente lo fanno al mezzogiorno, quando i ragazzi escono da scuola. E se qualcuno mi chiede: ma tua sei un prete anticamorra? Io gli rispondo, semplicemente sono un prete. Il mio compito è questo è portare l’ amore di Dio alla gente.
Da noi la gente muore, e che deve fare un prete? Deve pensare a loro. Alle mamme trentenni che muoiono di leucemia per i resti tossici e a quelli che avvelenano la terra, a quelli che uccidono. Da noi ormai anche l’acqua è avvelenata.
Essere vicino a queste persone è una missione speciale?
Certo, ma questo è il lavoro del sacerdote. Un po’ di tempo fa un anziano pensando di scandalizzarmi mi ha detto, in napoletano: io sono cinquant’anni che non metto piede in chiesa! Sia cosa gli ho risposto, sempre in napoletano: Nonno, ti sei perso il meglio!