Già dal primo giorno dopo la diffusione del Rapporto consegnato al Papa, le diocesi polacche hanno cominciato la pubblicazione dei comunicati smentendo i presunti dati ivi contenuti. Invece il portavoce della Conferenza dell'Episcopato polacco, p. Paweł Rytel-Andrianik ha assicurato che tutti i casi di abusi sessuali su minori denunciati nelle diocesi sono stati segnalati al Vaticano già dal 2001, secondo le istruzioni contenute nel Motu proprio di Giovanni Paolo II "Sacramentorum sanctitatis tutela" proprio del 2001. In pratica le informazioni sugli abusi raccolte in ogni diocesi vengono quindi indirizzate alla Congregazione per la dottrina della fede.
"La Chiesa in Polonia vuole essere trasparente in questa materia. Non si vuole nascondere queste patologie” – ha detto il portavoce, aggiungendo che “per anni abbiamo ripetuto: tolleranza zero per la pedofilia nella Chiesa e nella società, indipendentemente da chi sia il colpevole. Oltre all'applicazione delle norme del 2001, dal 2009 la Conferenza episcopale polacca ha adottato una serie di documenti e procedure, il cui obiettivo principale è la sicurezza dei bambini e degli adolescenti e l'individuazione di persone che potrebbero metterli in pericolo. Per di più, alcuni anni fa, su iniziativa della Chiesa, è stato istituito il Centro per la protezione dell'infanzia, che ha già formato oltre 3.000 sacerdoti nella prevenzione dell'abuso di minori. In ogni diocesi c'è un delegato che si occupa della protezione di bambini e giovani. Le vittime di reati sessuali possono ricevere aiuto psicologico, legale e spirituale". Ma di tutte queste informazioni non c’è traccia nel fasullo Rapporto lasciato a Roma e in Vaticano.
Abbattere il monumento del presunto molestatore
All’indomani della riunione vaticana i media di tutto il mondo hanno dato la notizia dell’abbattimento a Danzica del monumento di padre Henryk Janowski. Padre Jankowski era il leggendario parroco della chiesa di santa Brigida. La sua parrocchia divenne nei tempi degli scioperi contro il regime comunista il punto di riferimento per gli operai dei vicini cantieri navali. Nella sua chiesa egli celebrava le Messe per i sindacalisti di Solidarnosc che lo trattavano come loro cappellano. Un uomo coraggioso, dinamico ma anche esuberante era odiato e perseguitato dal regime ma non smise mai la sua attività in favore degli operai.
Quando è morto nel 2010 il sindacato e le autorità decisero di alzare a Danzica un suo monumento. E proprio quando gli occhi del mondo erano puntati sul Vaticano i media davano la notizia dell’abbattimento del monumento del “cappellano di Solidarnosc”, spiegando tale azione come gesto di protesta contro l’inerzia della Chiesa polacca di fronte agli abusi del clero. Purtroppo, la verità sull’accaduto è ben diversa. Un giornalista polacco, Tomasz Sekielski, sta da mesi preparando un film sulla pedofilia che – secondo sedicente regista - dovrebbe essere un duro colpo per la Chiesa polacca. La prima del film è prevista per aprile 2019 e il “documento” sarà reso disponibile gratuitamente su YouTube, ovviamente anche nella versione inglese per avere un impatto mondiale.
Sekielski ha anche annunciato che presenterà il suo lavoro ai festival internazionali e non consentirà la censura o il blocco del film. E guarda caso, quest’altro mangiaprete sapeva dell’incontro in Vaticano e l’ha sfruttato per lanciare la sua futura produzione e acquistare la visibilità. Il problema consiste nel fatto che il gesto contro il monumento di un presunto molestatore è stato presentato come un atto spontaneo motivato dall’indignazione, invece si trattava di un 'coup de théâtre' organizzato dallo stesso giornalista-regista davanti alle camere. In questo modo Sekielski è riuscito a spacciare a tutto il mondo la sua sceneggiata come un fatto vero.
Va detto in questo contesto che le accuse degli abusi del clero sui minori in Polonia riguardano la percentuale moto più bassa paragonando gli altri Paesi, senza parlare delle percentuali più alti riguardanti altre ambienti come scuole, club sportivi, ambienti familiari.
Assolto dopo 8 anni
Anni fa p. Adam Stanisław Kuszaj, padre salvatoriano polacco, è andato in missione nella Repubblica Ceca, nella diocesi di Ostrawa-Opava: voleva servire i cattolici nel Paese che è ritenuto uno dei più scristianizzati in Europa. Non pensava minimamente che in quel Paese sarebbe finito davanti ad un tribunale accusato di molestie sessuali da un giovane di 16 anni. Otto anni fa venne sospeso dalle autorità ecclesiali e non poteva svolgere il ministero sacerdotale. Per di più, venne ritenuto colpevole dal tribunale e condannato con la sospensione condizionale della pena di prigione. Allontanato dalla sua congregazione, privo di mezzi di sostentamento e con il marchio infamante di molestatore ha dovuto cambiare completamente vita lavorando anche come operaio.
Dopo otto anni, proprio in coincidenza con il summit vaticano, il tribunale della città di Jesenik ha assolto il prete polacco. Nel processo di appello, gli amici del giovane accusatore hanno svelato che le accuse di molestie erano state inventate. Anche i periti avevano affermato che i racconti della presunta vittima erano poco credibili. Alla fine, si è scoperto che l’accusatore voleva vendicarsi del prete che non aveva voluto dargli del denaro. Come ha affermato il portavoce della diocesi ceca, Pavel Suida, dopo aver preso in considerazione questi nuovi fatti, la sospensione può essere ritirata. Anche i superiori della congregazione salvatoriana, a cui apparteneva il prete polacco, devono analizzare la nuova situazione.
Lo stesso padre Kuszaj ha dichiarato di voler tornare a svolgere il ministero sacerdotale il più presto possibile: "Questo è il mio sogno e voglio realizzarlo. Sempre volevo servire la gente e Dio prima di tutto. Mi rendo conto che ho perso 9 anni, ma ho anche nuove esperienze" - ha detto il sacerdote prosciolto alla locale radio cattolica “Proglas”.
A padre Kuszaj nessuno ricompenserà per le sofferenze subite durante il processo e causate anche dalla gogna mediatica, per il difficilmente sopportabile allontanamento dal sacerdozio, per gli anni di duro lavoro per sopravvivere. Ma il suo caso fa nascere delle domande: cosa sarebbe successo se non ci fossero stati dei testimoni che svelarono l’intrigo e se si fossero prese per vere solo le parole dell’accusatore?
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Ovviamente la storia dell’assoluzione di padre Kuszaj è rimasta segregata tra le notiziole regionali di cronaca e i media mondiali non ne hanno parlato, anche se il fatto è accaduto in coincidenza con l’incontro vaticano.
La Chiesa, promovendo la “tolleranza zero”, deve prendere in seria considerazione anche la possibilità delle false accuse mosse ai sacerdoti dalle persone disoneste e senza scrupoli, ed anche le azioni premeditate motivate ideologicamente.