Roma , giovedì, 21. febbraio, 2019 12:00 (ACI Stampa).
Cirillo e Metodio evangelizzarono gli slavi traducendo i testi liturgici e della Bibbia, creando un alfabeto (l’alfabeto cirillico) e andando incontro alle culture. E il Cardinale Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria, guarda proprio alla cultura, che è “la chiave per interpretare la realtà”, ma che viene avvelenata dall’indifferentismo che “non vuole le domande e le risposte sul senso ultimo”.
Basilica di San Clemente in Laterano, Roma. Qui ci sono le reliquie dei Santi Cirillo e Metodio, che portarono a loro volta le reliquie di San Clemente a Papa Nicolò II. Questi li aveva chiamati a Roma per discutere dell’uso liturgico della lingua slava, opera che i due fratelli avevano compiuto su sollecitazione di Rastislav, sovrano della Grande Moravia, che al tempo includeva Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e porzioni di Austria, Croazia, Germania, Polonia, Romania, Slovenia, Serbia e Ucraina. Avevano usato un alfabeto nuovo, l’alfabeto glagolitico, che lo scorso anno ha compiuto 1155 anni.
In questa Basilica, il 14 febbraio, giorno in cui si celebra la memoria di quelli che San Giovani Paolo II volle come compatroni di Europa, si tiene una Messa, cui partecipano ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e altri membri del mondo della cultura, organizzata dal Collegio Croato. E quest’anno a celebrarla c’era il Cardinale Bozanic, a Roma per la plenaria della Congregazione per il Culto Divino, di cui è membro.
I Santi Cirillo e Metodio – dice il Cardinale Bozanic – hanno ascoltato la Buona Novella prima della loro missione, e si sono fatti annunciatori di questa Parola, “costruttori del Regno di Dio”, secondo la profezia di Isaia.
Sottolinea il Cardinale Bozanic: “La chiamata di Gesù agli Undici, così ambiziosa e così impegnativa, a cui hanno risposto anche i Santi Cirillo e Metodio, ha formato l’identità e la spiritualità di interi popoli e tramite loro di una parte del continente europeo”.