Carpi , domenica, 17. febbraio, 2019 10:00 (ACI Stampa).
Il Vangelo di questa domenica ci presenta il discorso delle beatitudini, definite da papa Francesco come via pratica di santità. Nei primi secoli del cristianesimo le beatitudini venivano consegnate ai neo-battezzati insieme al Padre Nostro. Questa scelta era motivata dalla convinzione che esse non sono espressioni poetiche, astrazioni "spirituali", regole di condotta, ma costituiscono l’autobiografia di Cristo, ci dipingono il suo ritratto, ci descrivono la sua personalità.
Le beatitudini, cioè, ci dicono chi è Gesù, ci parlano di Lui. Lui è il povero, il mite, il puro di cuore, il perseguitato a causa della giustizia, l’afflitto, il misericordioso, colui che ha fame e sete di giustizia, colui che porta la pace vera …
Se andiamo a fondo delle beatitudini ovunque appare Cristo e, pertanto, “ogni proclamazione di beatitudine è innanzitutto l’offerta di un incontro con Lui che non solo la annuncia e la spiega, ma la rende possibile e la fa accadere”.
Per vivere le beatitudini, allora, come ci ricorda il Papa nella Esortazione Gaudete et exsultate, è necessario tornare ad ascoltare Gesù, con tutto l’amore e il rispetto che merita il Maestro. Permettiamogli di colpirci con le sue parole, di provocarci, di richiamarci a un reale cambiamento di vita. Altrimenti la santità sarà solo parole. Solo il Signore Gesù, infatti, è in grado di trasformare radicalmente il cuore dell’uomo e rendere possibile l’imitazione del Maestro.
Il cuore del cristiano, reso nuovo dall’unione con Cristo, diventa capace di una vita totalmente altra rispetto alla mentalità del mondo, piena di consolazione e autenticamente umana. Solo in quest’ottica le beatitudini possono essere accolte “con sincera apertura”, “sine glossa” vale a dire senza commenti, senza elucubrazioni e scuse che tolgono ad esse forza.