Chi sono i tre personaggi? E quel paesaggio, in cui appunto la natura, la realtà circostante diventano quasi protagonisti assoluti del dipinto -fenomeno raro, che si affaccia a partire da questo momento sulla scena dell'arte europea - a quale verità allude? E gli oggetti e i particolari sparsi sulla scena, di quali messaggi cifrati fanno parte?
Le domande e le interpretazioni hanno riempito volumi, hanno animato confronti fra gli studiosi, hanno incatenato studenti davanti alle pagine di manuali di storia dell'arte. Senza che una definitiva risposta sia stata data. Di Giorgione, della sua vita e delle sue idee non si conosce molto, ma il mondo in cui ha vissuto e operato era tumultuosa e ricca di fermenti, per cui si sono tracciati molti ipotetiche connessioni tra il pittore e i circoli intellettuali dell'epoca, le sue committente, le influenze che possono essere delineate, in controluce, nei suoi capolavori.
Ed ecco che oggi si torna a parlare della Tempesta come di una interpretazione della "cacciata dal Paradiso terrestre di Adamo ed Eva, la prima e fondamentale presa di coscienza del peso del peccato e delle sue conseguenze sulla vita dell'uomo, ossia la perdita della vicinanza di Dio, della conoscenza totalizzante attraverso il Creatore, la rottura dell'armonia originaria dell'intera creazione, il mistero della fragilità umana. La tesi era già stata proposta da Salvatore Settis nel 1978 e da allora ha trovato sempre nuove "sponde" interpretative. Ora esce, a riproporre la questione con nuovi, solidi, argomenti, un volume di Sergio Alcamo, dal titolo "La Verità celata. Giorgione, la Tempesta e la salvezza", edito da Donzelli, con una prefazione dello stesso Settis.
La studio conferma l'idea che il soggetto del dipinto sia proprio la rappresentazione di Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso terrestre, indicando la probabile provenienza del quadro dalla chiesa dei Servi di Maria a Venezia, frequentata assiduamente da Gabriele Vendramin, uomo di rilievo della società veneta del tempo e committente dell'opera.
C'è un dettaglio, minimo ma decisivo, spiega Settis nella prefazione, che l'autore del saggio ha analizzato con l'attenzione che meritava e che invece sembra essere sfuggito a molti esegeti dell'opera. Ossia sul ponte che si vede raffigurato alle spalle dei due protagonisti, che siano Adamo ed Eva o meno, è dipinta una minuscola figura di Angelo, quasi in filigrana, con grandi ali e una veste biancastra stretta in vita. Questa "tipologia" di figura " a guardia " o a protezione" di un luogo si ritrova anche in altre opere di Giorgione e sarebbe da mettere in relazione appunto alla presenza della città nello sfondo, che potrebbe rappresentare il Paradiso dal quale i due fuggiaschi sono stati esiliati per sempre.
Il fulmine che riluce nel cielo incupito e incombente potrebbe essere la voce di Dio che proclama la condanna della coppia. Ma non tutto è perduto: la donna e il Bambino possono diventare la prefigurazione della salvezza. Maria e Gesù, la Madre e il Bambino che trasformeranno appunto la cacciata in un percorso di redenzione . Perciò Alcamo suggerisce che il titolo del quadro dovrebbe essere Allegoria della salvezza, non più semplicemente La Tempesta.
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In ogni caso, questo libro, al di là della sua natura di saggio "alto", si legge anche come una appassionata ricostruzione di un mistero, quello costituito non solo del quadro, ma della vita stessa di Giorgione e del mondo magmatico in cui visse, i suoi rapporti con il committente e con quella meravigliosa chiesa veneziana, che oggi non esiste più,se non come un cumulo di preziose rovine, con la cappella del Volto Santo sola rimasta a testimoniare una lunga storia di fede e devozione, e una visione fantastica da contemplare nella luce stregata di una notte veneziana.