Le omelie sono state raccolte in un piccolo volume, “In Memoriam Card. Mindszenty”. Come detto, scorrerle, anche velocemente, aiuta dare un primo affresco della personalità del Cardinale Mindzenty.
Il Cardinale Laszlo Paskai tenne la Messa nel 50esimo anniversario della condanna del Cardinale Mindszenty, nel 1999. E ricordò che Papa Pio XII, quando lo creò cardinale, gli disse: “Tu sarai il primo dei trentadue a dover sopportare il martirio smboleggiato da questo colore”. Fu profetico: il Cardinale, che era già stato imprigonato dai comunisti di Bela Kun nel 1918 fu arrestato il 26 dicembre 1948, e l’8 febbraio 1949, dopo essere stato rasato ripulito, vestito delle insegne episcopali, fu condannato all’ergastolo in un processo farsa. Ricordò ancora il Cardinale Paskai: “Qualsiasi notizia comunicava la stampa ungherese in quei tempi, tutti erano convinti dell’innocenza del Cardinale”. E il 14 febbraio 1949, quando arrivò la notizia della condanna, Pio XII convocò persino un concistoro straordinario. Anche la confessione del Cardinale fu estorta dopo giorni di sevizie, al termine delle quali ebbe la prontezza d’animo di firmare aggiungendo la sigla “C.F.” (coactus feci, l’ho fatto perché sono costretto).
Sempre il Cardinale Paskai, nella Messa del 21 maggio 2000 in occasione del 25esimo anniversario dalla morte, volle ricordare “tre aspetti della sua personalità”, che sono la preparazione spirituale; il suo obiettivo di vita di mantenere la sua nazione nella fede, tanto che chiese di essere sepolto a Esztergom solo dopo che il comunismo sarebbe controllato; il suo modo di perseguire il suo obiettivo, con una vita che fu “un sacrificio espiatorio per il popolo e la Chiesa ungherese”.
Il 19 maggio 2001, il Cardinale Angelo Sodano, allora segretario di Stato vaticano, disse messa per il decimo anniversario della traslazione. Nel 1971 il Cardinale Mindzenty arrivò in Vaticano dopo 15 anni nell’ambasciata americana, da dove non poteva uscire pena l’arresto. Paolo VI lo andò ad incontrare nella Torre di San Giovanni. E c’era anche l’allora giovane monsignor Sodano. “Quando – raccontò – tra la commozione generale il Papa abbracciò il grande primate di Ungheria, mi parve di vedere tutta la Chiesa che si stringeva intorno ad un campione della fede, rendendogli l’omaggio che gli era dovuto”.
Nel 2002, celebrò il Cardinale Edmund Casimir Skoka, allora presidente del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano. E sottolineò: “Per la sua Chiesa aveva impegnato totalmente la sua vita. Per difenderne la libertà e i diritti contro i gravi soprusi messi in atto dal regime dittatoriale aveva subito l’arresto, la condanna, il carcere, la segregazione all’ambasciata USA, confortato solo della sua fede, della preghiera, della coscienza di aver agito per il bene della sua Chiesa e del suo Paese, dalla stima del Papa e di molti uomini liberi e dalla certezza dell’amore di tantissimi figli della sua Ungheria”:
Nel 2005, il Cardinale Giovanni Battista Re disse che era “storia conosciuta” che “il punto di vista del Cardinale Mindszenty e della Santa Sede furono in quegli anni divergenti”, riferendosi alla critica, costante, mossa dal Cardinale alla Ostpolitik vaticana.
Nel 2008, il Cardinale Petr Erdo ricordò come il Cardinale Mindszenty fosse uno strenuo difensore della vita e della famiglia. Mindszenty amava ricordare come San Francesco di Sales accompagnasse gli sposi fino all’ultimo gradino, e chiedeva che la santità della famiglia fosse “alla base della vita-insegna” di ciascuno, mentre condannava come “ambizione insensata” l’annientamento della vita che avanzava nel mondo.
Nel 2010, il Cardinale Franc Rodé mise in luce come “l’adesione incondizionata a Cristo Signore, il nutrimento vitale dell’Eucarestia, la devozione filiale a Maria, madre d’Ungheria, l’unità con la Chiesa guidata dal successore di Pietro, la passione per la verità hanno permesso al Cardinale Mindszenty di poter alzare la voce, senza timori, senza falsi pudori, contro tutti i totalitarismi cui l’Europa di quegli anni dovette assistere”.
L’amore per la patria fu delineato dal Cardinale José Saraiva Martins, nell’omelia del 2012. “Il Cardinale Mindszenty – disse – ci teneva molto alla storia millenaria dell’Ungheria. Come Principe Primate sentiva la sua responsabilità per la nazione ungherese. Dopo tanti secoli di guerre e di lotte il rapporto normale della Chiesa ungherese con la Santa Sede, dopo una guerra mondiale, voleva ristabilire quel rapporto cominciato con Re Stefano, che legava la sua nazione ai successori di Pietro, da cui ha ricevuto la corona, continuando e confermando in tale modo”.
Nel 2015, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, celebrò i 100 anni dall’ordinazione sacerdotale del venerabile Mindszenty, avvenuta nel 1915, nel pieno della Prima guerra Mondiale. Disse: “Il Cardinale Mindszenty è rimasto per tutta la sua vita un pastore che sentiva una forte responsabilità verso quelli che gli erano stati affidati”.
Nel 2017, il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sottolineò che Mindszenty era stato “segno di contraddizione” nelle parole di Paolo VI e “ricordo e benedizione” nelle parole di San Giovanni Paolo II.
Nel 2018, il Cardinale Beniamino Stella si lasciò andare ad un ricordo personale. Raccontò che nel 1956 era ancora un seminarista quando “dopo la repressione della rivoluzione d’Ungheria, il Cardinale fu messo in salvo nella vicina sede dell’ambasciata americana, e “l’intrepido coraggio della sua fede, la fedeltà con cui egli visse la sequela del Signore anche nel tempo della persecuzione, la cura pastorale che ebbe verso il suo popolo e quella generosa e autentica disponibilità ad essere un semplice buon pastore, disposto a dare la vita per la Chiesa e per la patria, mi facevano guadare a lui come un modello esemplare di vita sacerdotale e di zelo aposolico, cui ancora oggi devo molto.
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Tutto questo era il Cardinale Mindszenty. Una figura ancora da scoprire, mentre procede il suo cammino verso la gloria degli altari.