Sydney , mercoledì, 20. febbraio, 2019 9:00 (ACI Stampa).
L’ultima nota ufficia della Chiesa Australiana sul tema degli abusi è stata una articolata risposta alle richieste della Royal Commission, che, tra le raccomandazioni, aveva incluso quella che la Chiesa abbandonasse il segreto della confessione per denunciare i casi di abuso. Raccomandazioni che era state seguite da due leggi federali che chiedevano di rendere obbligatoria la denuncia degli abusi anche qualora questi venissero appresi in confessionale.
In quelle 57 pagine dell’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Australiana del 31 agosto 2018 si trovano tutte le linee guida che i vescovi in Australia hanno messo in campo per fermare la cultura dell’abuso.
“Vedrete in questo documento – si legge nella presentazione del testo – che i vescovi e i leaders religiosi hanno accettato o accettato in linea di principio o supportato il 98 per cento delle raccomandazioni della commissione. L’unica raccomandazione che non possiamo accettare è la raccomandazione 7.4, che si riferisce al sigillo del Sacramento della Penitenza”.
Ci state altre raccomandazioni che la Conferenza Episcopale Australiana ha rinviato direttamente alla Santa Sede, e che riguardano le pratiche sulle nomine dei vescovi, la possibilità del celibato volontario per i sacerdoti diocesani, l’emendamento delle legge canonica perché includa dei canoni riguardanti gli abusi sessuali e la modifica del segreto pontificio sui casi di abusi sessuali, la procedura canonica sugli abusi sessuali riguardanti l’approccio e i limiti di tempo, e lo stabilimento di un tribunale canonico in Australia capace di giudicare casi contro il clero.
Quest’ultima raccomandazione era stata, in realtà, parte di una delle riunioni del Consiglio dei Cardinali, che pensava di istituire tribunali regionali della Congregazione della Dottrina della Fede. Ma le altre raccomandazioni sono attacchi alla dottrina cattolica.