Il Papa mette l’accento sulla necessità della preghiera come strada e impegno.
Del resto dice il Papa “non dobbiamo dimenticare che molti detenuti sono povera gente, non hanno riferimenti, non hanno sicurezze, non hanno famiglia, non hanno mezzi per difendere i propri diritti, sono emarginati e abbandonati al loro destino. Per la società sono individui scomodi, uno scarto, un peso”.
Il Papa conclude con un incoraggiamento alla Direzione, alla Polizia Penitenziaria, Cappellani, a coloro che si occupano dell’ area educativa, del volontariato e alla comunità esterna: “siete chiamati a marciare in un’unica direzione, per aiutare a rialzarsi e a crescere nella speranza quanti sono, purtroppo, caduti nella trappola del male.
Da parte mia, vi accompagno con il mio affetto e con la mia preghiera, perché possiate contribuire, con il vostro lavoro, a far sì che il carcere, luogo di pena e di sofferenza, sia anche laboratorio di umanità e di speranza”.
Prima della udienza i presento hanno potuto rivedere la messa che Papa Francesco ha celebrato a Regina Coeli lo scorso 29 marzo.
Il Papa li ha ricevuti questa mattina, il personale del Carcere di Regina Coeli a Roma.
Il loro è un impegno concreto, ma spesso “a causa della carenza di personale e del cronico sovraffollamento, il faticoso e delicato lavoro rischia di essere in parte vanificato”.
E per questo, dice il Papa “figure professionali come le vostre necessitano di equilibrio personale e di valide motivazioni costantemente rinnovate; infatti siete chiamati non solo a garantire la custodia, l’ordine e la sicurezza dell’istituto, ma anche molto spesso a fasciare le ferite di uomini e donne che incontrate quotidianamente nei loro reparti”.
E del resto il carcere “con l’aiuto degli operatori penitenziari, può diventare veramente un luogo di riscatto, di risurrezione e di cambiamento di vita; e tutto ciò è possibile attraverso percorsi di fede, di lavoro e di formazione professionale, ma soprattutto di vicinanza spirituale e di compassione”.
Il Papa mette l’accento sulla necessità della preghiera come strada e impegno. Ha sottolineato che il carcere non deve essere una finestra chousa e che c'è sempre la necessità di un reinserimento, anche per gli ergastolani, e ha raccontato il suo rapporto con un gruppo di carcerati a Buenos Aires e ripetuto:Ogni volta che entro il carcere mi chiedo, perchè loro e no io ?
Del resto dice il Papa “non dobbiamo dimenticare che molti detenuti sono povera gente, non hanno riferimenti, non hanno sicurezze, non hanno famiglia, non hanno mezzi per difendere i propri diritti, sono emarginati e abbandonati al loro destino. Per la società sono individui scomodi, uno scarto, un peso”.
Il Papa conclude con un incoraggiamento alla Direzione, alla Polizia Penitenziaria, Cappellani, a coloro che si occupano dell’ area educativa, del volontariato e alla comunità esterna: “siete chiamati a marciare in un’unica direzione, per aiutare a rialzarsi e a crescere nella speranza quanti sono, purtroppo, caduti nella trappola del male.
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Da parte mia, vi accompagno con il mio affetto e con la mia preghiera, perché possiate contribuire, con il vostro lavoro, a far sì che il carcere, luogo di pena e di sofferenza, sia anche laboratorio di umanità e di speranza”.
Prima della udienza i presento hanno potuto rivedere la messa che Papa Francesco ha celebrato a Regina Coeli lo scorso 29 marzo.