Non avere un cardinale non è un peccato,( risate) la maggioranza dei paesi del mondo non ha un cardinale. Le nazionalità non ricordo quante siano, ma sono una minoranza. È vero, il Paraguay non ha avuto cardinali fino ad ora e non saprei dirle la ragione. A volte si bilancia, si valutano i dossier e il carisma della persona, del cardinale, che è quello di assistere il Papa nel governo della Chiesa. Il cardinale è incardinato alla Chiesa di Roma e deve avere una visione universale. Questo non vuol dire che non ci siano vescovi che non ce l'abbiano in Paraguay. È che siccome non si possono designare più di 120 cardinali elettori, allora è per questo. Bolivia ne ha avuti due, Uruguay due... Alcuni paesi centroamericani non l'hanno avuto... Ma non c'è alcun peccato: dipende dalle circostanze, dalle persone, ma non significa un minor valore. Ci sono vescovi che hanno fatto la storia del Paraguay e non sono stati cardinali. Se uno chiedesse: merita il Paraguay di avere un cardinale? Guardando alla Chiesa del Paraguay, direi che ne meriterebbe non uno solo ma due: è una Chiesa viva, gioiosa, che lotta, con una storia gloriosa.
Priscila Quiroga – Cadena A, y Cecilia Dorado Nava – El Deber, de BoliviaConsidera giusto l'anelito dei boliviani di tornare ad avere uno sbocco al mare, all’ Oceano Pacifico? Lei accetterebbe di fare una mediazione tra Cile e Bolivia?
La mediazione è cosa delicata e sarebbe un ultimo passo. L'Argentina l'ha vissuta con il Cile ed è stata per evitare una guerra, una situazione limite, ben fatta perché la Santa Sede ha ricevuto l'incarico per interessamento di Giovanni Paolo II, con la buona volontà dei due Paesi coinvolti. E’ curioso, almeno in Argentina, c’era un gruppo che non ha mai voluto questa mediazione e il presidente Alfonsin ha convocato un plebiscito per vedere se la proposta di una mediazione sarebbe stata accettata, ovviamente la maggioranza della nazione disse: sì! Ma c’era un gruppo che ha sempre resistito. Sempre quando si parla di una mediazione difficilmente tutto il paese è d’accordo.
Però è l'ultima istanza. Ci sono altre figure diplomatiche che aiutano. In questo momento io devo essere molto rispettoso, perché Bolivia ha fatto ricorso a un tribunale internazionale. Se io faccio un commento ora, io sono il capo di uno Stato, sembrerebbe che mi immischi nella sovranità di un altro Stato. Io rispetto la decisione che ha preso il popolo boliviano che ha fatto questo ricorso. So che ci sono stati anche altri tentavi di dialogo.
Mi hanno detto che al tempo del presidente Lagos si era vicini a una soluzione, me lo ha raccontato il cardinale Errazuriz. Nella cattedrale di Bolivia ho toccato questo tema in modo molto delicato tenendo in conto la situazione del ricorso al tribunale internazionale. Mi ricordo perfettamente il contesto: i fratelli devono dialogare, i popoli latinoamericani devono dialogare, per creare la Patria Grande, il dialogo è necessario. Lì mi sono fermato e ho detto: penso al mare. E ho continuato: ci vuole dialogo e dialogo. E’ chiaro che questo intervento era un riferimento al problema ma rispettando la situazione come è al momento attuale. Bisogna aspettare il tribunale internazionale prima di una mediazione. Sempre c'è una base di giustizia quando ci sono cambiamenti nei confini territoriali dopo una guerra. Non è ingiusto esprimere questo desiderio. Ricordo che nell'anno 1961, quando facevo al primo anno di filosofia, ci mostrarono un documentario sulla Bolivia e credo che si chiamasse "Le dieci stelle": presentava ognuno dei nove dipartimenti del Paese e come decimo si vedeva il mare, senza alcun commento. E’ una cosa che ha registrato nella mia mente, doveva essere un anelito forte. Certo dopo una guerra di quel tipo arrivano le perdite. E’ importante quindi prima il dialogo e un serio negoziato.
Fredy Paredes - Teleamazonas, Ecuador: L'Ecuador era scombussolato prima della sua visita, e dopo che lei ha lasciato il Paese, gli oppositori sono tornati a uscir per strada. Sembra che la sua presenza in Ecuador si voglia usare politicamente, specialmente per quella sua frase sul popolo ecuadoriano che si è rimesso in piedi con dignità. Lei simpatizza con progetto politico del presidente Correa? Crede che le considerazioni che ha fatto aiutino a costruire la democrazia, lo sviluppo e il non continuare con la politica dello scarto come dice sempre , possa avere un futuro in Ecuador?
Evidentemente so che c'erano problemi politici, lo so. Non conosco le complicazioni della politica ecuadoriana. Sarebbe sciocco da parte mia fare un commento. Mi dicono che c'è stata come una parentesi durante la mia visita, non ci sono state proteste, e io ringrazio e lo apprezzo, perché il gesto di un popolo in piedi che vuole rispettare la visita del Papa. Ma se le proteste vanno avanti vuol dire che i problemi e le discussioni politiche continuano. Io mi riferivo alla maggior coscienza che il popolo ecuadoriano ha del suo valore. C'è stata una guerra con il Perù da poco tempo, c'è l'esperienza della guerra. E poi una maggior coscienza della varietà di ricchezza etnica dell'Ecuador. Non è un paese che scarta per quello che riguarda tutto il popolo e tutta la dignità. Dopo la guerra si è messo in piedi e ha preso coscienza della sua diversità, della ricchezza della varietà che ha, per cui non si può attribuire ad una situazione concreta. Questa stessa frase mi hanno detto, io non l’ho visto, è stata utilizzata da entrambi i lati. Una frase si può strumentalizzare, e credo che in questo c’è da essere molto prudenti, e ha apprezzato molto la domanda perché ci permette di dare l’esempio di come si è prudenti.
E se mi concedete cinque minuto, aggiungo: è molto importante nel vostro lavoro l'ermeneutica di un testo: non si può interpretare con una frase, l'ermeneutica è nel contesto. L’ermeneutica deve essere fatta in tutto il contesto. Ci sono frasi che sono tutta la chiave ermeneutica, altre che non lo sono che sono dette di passaggio. Bisogna vedere tutto il contesto e la situazione compresa la storia di questo momento o se stiamo interpretando un fatto del passato, farlo con l'ermeneutica di quel tempo. Come ad esempio, le crociate. Bisogna leggere le crociate come si pensavano al tempo. E’ importante capire un testo con un ermeneutica totalizzante non isolata. Scusatemi, non voglio fare il maestro, è un aiuto per voi.
E ora passiamo al guarnì? (risata)
Stefania Falasca - Avvenire: Nel discorso che Lei ha fatto in Bolivia ai Movimenti popolari ha parlato del nuovo colonialismo e ha parlato dell’idolatria del denaro che sottomette l’economia, e dell’imposizione dei mezzi di austerità che aggiustano sempre, come ha detto, la cinta dei poveri. Ora, da settimane noi in Europa abbiamo questo caso della Grecia e della sorte della Grecia che rischia di uscire dalla moneta europea: Lei che cosa pensa di quanto sta accadendo in Grecia e che riguarda anche tutta l’Europa?
Prima di tutto, perché questo intervento mio nel convegno dei movimenti popolari: è il secondo. Il primo è stato fatto in Vaticano, nell’aula vecchia del Sinodo, c’erano circa 120 persone. E’ una cosa che organizza Giustizia e Pace. Io sono vicino a questo, perché è un fenomeno in tutto il mondo, in tutto il mondo. Anche in Oriente, nelle Filippine, in India, in Tailandia. Sono movimenti che si organizzano fra loro non solo per fare una protesta, ma per andare avanti e poter vivere. E sono movimenti che hanno forza, e questa gente, che sono tanti e tanti, non si sente rappresentata dai sindacati, perché dicono che i sindacati adesso sono una corporazione, non lottano – adesso sto semplificando un po’ – ma l’idea di tanta gente questa gente è che non lottano per i diritti dei più poveri. E la Chiesa non può essere indifferente. La Chiesa ha una Dottrina sociale e dialoga con questo movimento, e dialoga bene. Voi avete visto: avete visto l’entusiasmo di sentire che la Chiesa non è lontana da noi, la Chiesa ha una dottrina che ci aiuta a lottare per questo. E’ un dialogo. Non è che la Chiesa fa una opzione per la strada anarchica. No, non sono anarchici: questi lavorano, cercano di fare tanti lavori anche con gli scarti, le cose che avanzano; sono lavoratori davvero. Questo è il primo, l’importanza di questo. Poi, sulla Grecia e il sistema internazionale: io ho una grande allergia all’economia, perché papà era ragioniere e quando non finiva il lavoro in fabbrica lo portava a casa, il sabato e la domenica, con quei libri, di quei tempi, dove i titoli si facevano in gotico … e lavorava, e io vedevo papà …e ho un’allergia. Io non capisco bene com’è la cosa, ma certamente sarebbe semplice dire: la colpa è soltanto di questa parte. I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro - è l’unica cosa che posso dirti, perché non so bene … che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema, e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai. Mi hanno detto un anno fa più o meno, ma non so se … questa è una cosa che ho sentito, che c’era un progetto nelle Nazioni Unite (se qualcuno di voi sa questo sarebbe bene che lo spiegasse), c’era un progetto per il quale un Paese può dichiararsi in bancarotta, che non è lo stesso che il default, ma è un progetto che ho sentito e che non so come è andata, se era vero o no. Lo dico per illustrare come una cosa che ho sentito, ma se un’impresa può fare una dichiarazione di bancarotta, perché un Paese non può farla e così si va all’aiuto degli altri? Questi erano i fondamenti di questi progetto, ma di questo non posso dire niente di più. Poi, per quanto riguarda le nuove colonizzazioni: evidentemente vanno tutte sui valori. La colonizzazione del consumismo. L’abito del consumismo è stato un progresso di colonizzazione. Perché l’abitudine: ti porta a un’abitudine che non è la tua e anche ti squilibra la personalità. Il consumismo squilibra anche l’economia interna e la giustizia sociale e pure la salute fisica e mentale, tanto per dare un esempio.
Anna Matranga – Cbs News: uno dei messaggi più forti di questo viaggio è stato che il sistema economico globale spesso impone la mentalità del profitto a ogni costo, a scapito dei poveri. Questo è percepito dagli statunitensi come una critica diretta del loro sistema e modo di vivere. Lei come risponde a questa percezione? E qual è la sua valutazione dell’impatto degli Stati Uniti nel mondo?
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Quello che ho detto, quella frase, non è nuova. L’ho detto nella Evangelii Gaudium: “questa economia uccide”. Quella frase la ricordo bene, c’è un contesto. E l’ho detta nella Laudato si’, la critica è una cosa non nuova, si sa. Ho sentito che alcune critiche sono state fatte negli Stati Uniti. L’ho sentito. Ma non le ho lette e non ho avuto il tempo di studiarle bene, perché ogni critica dev’essere recepita e studiata per poi fare il dialogo. Lei mi chiederà, che cosa penso, ma se io non ho dialogato con quelli che fanno la critica non ho diritto di fare un pensiero così, isolato dal dialogo. Questo è quanto mi viene da dirle.
...Lei adesso andrà negli Stati Uniti, Lei ha un’idea di come sarà ricevuto, ha qualche pensiero sulla nazione…
No, devo cominciare a studiare adesso, perché fino a oggi ho studiato questi tre Paesi bellissimi, che sono una ricchezza e una bellezza. Adesso devo cominciare a studiare Cuba, perché ci andrò due giorni e mezzo,e poi gli Stati Uniti, le tre città all’Est – perché all’Ovest non posso andare – c’è Washington, New York e Filadelfia. Si, devo cominciare a studiare queste critiche e poi dialogare un po’.
Aura Vistas Miguel: Santità, che cosa ha provato quando ha visto quella falce e martello con Cristo sopra, offerto dal Presidente Morales? E dove è finito questo oggetto?
Io – è curioso – non conoscevo questo, e neppure sapevo che Padre Espinal era scultore e poeta anche. L’ho saputo in questi giorni. L’ho visto e per me è stata una sorpresa. Secondo: lo si può qualificare come il genere dell’arte di protesta. Per esempio, a Buenos Aires alcuni anni fa è stata fatta una mostra di uno scultore bravo, creativo, argentino. Adesso è morto. Era arte di protesta, e io ricordo un’opera che era un Cristo crocifisso che era su un bombardiere che veniva giù. Era una critica del cristianesimo che è alleato con l’imperialismo che era il bombardiere. Primo punto, quindi, non sapevo, secondo, io lo qualifico come arte di protesta che in alcuni casi può essere offensiva, in alcuni casi. Terzo, in questo caso concreto: Padre Espinal è stato ucciso nell’anno 80. Era un tempo in cui la teologia della liberazione aveva tanti filoni diversi, uno di questi era con l’analisi marxista della realtà, e Padre Espinal apparteneva a questo. Questo sì, lo sapevo, perché in quel tempo io ero rettore della facoltà teologica e si parlava tanto di questo, dei diversi filoni e di quali ne erano i rappresentanti. Nello stesso anno, il Padre Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arrupe, fece una lettera a tutta la Compagnia sull’analisi marxista della realtà nella teologia, un po’ fermando questo, dicendo: no, non va. Sono cose diverse, non va, non è giusto. E quattro anni dopo, nell’84, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblica il primo volumetto piccolino, la prima dichiarazione sulla Teologia della liberazione, che critica questo. Poi viene il secondo, che apre le prospettive più cristiane. Sto semplificando, no? Facciamo l’ermeneutica di quell’epoca. Espinal è un entusiasta di questa analisi della realtà marxista, ma anche della teologia, usando il marxismo. Da questo è venuta quest’opera. Anche le poesie di Espinal sono di quel genere di protesta, ma era la sua vita, era il suo pensiero, era un uomo speciale, con tanta genialità umana, e che lottava in buona fede. Facendo un’ermeneutica del genere io capisco quest’opera. Per me non è stata un’offesa. Ma ho dovuto fare questa ermeneutica e la dico a voi perché non ci siano opinioni sbagliate. Quest’oggetto ora lo porto con me, viene con me. Lei ha sentito forse che il Presidente Morales ha voluto darmi due onorificenze, la più importante della Bolivia, e l’altra, l’Ordine del Padre Espinal, un nuovo Ordine. Ora, io non ho mai accettato un’onorificenza, non mi viene… Ma lui lo ha fatto con tanta buona volontà e con il desiderio di farmi piacere. E ho pensato che questo viene dal popolo della Bolivia – ho pregato su questo, e ho pensato: se lo porto in Vaticano questo andrà in un museo e nessuno lo vedrà. Allora ho pensato di lasciarlo alla Madonna di Copacabana, la Madre della Bolivia, e andrà al Santuario: sarà nel Santuario di Copacabana la Madonna con queste due onorificenze che ho consegnato. Invece il Cristo lo porto con me. Grazie.
Anaïs Feuga: Durante la Messa a Guayaquil Lei ha detto che il Sinodo doveva far maturare un vero discernimento per trovare soluzioni concrete alle difficoltà delle famiglie. E poi ha chiesto alla gente di pregare perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, che Dio lo possa trasformare in miracolo, ha detto. Ci può precisare a quali situazioni “impure” o “spaventose” o “scandalose” Lei si riferiva?