Per prima parla Liz, 25 anni, infermiera per professione e necessità, perché dopo una infanzia difficile, con i genitori separati, ha dovuto fare da “madre a sua madre” dopo che questa si è ammalata di Alzheimer, e deve anche accudire la nonna, che non sta bene. Chiede al Papa: quando siamo disperati, in cosa possiamo sperare? E quale è il modello di Chiesa che dobbiamo costruire?
Poi parla Manuel, 18 anni, un giovane che ha vissuto l’esperienza dello sfruttamento minorile, che ha perso la madre, e che ha ritrovato speranza conoscendo i giovani della pastorale della gioventù, e ora sente voglia di servire gli altri. Chiede al Papa: cosa possiamo fare, noi giovani che abbiamo bisogno di una formazione pastorale permanente e concreta e siamo costretti a lavorare per vivere?
Sottolinea il Papa: “Liz ci insegna una cosa con la sua vita che non bisogna essere come Ponzio Pilato, lavarsi le mani. Liz avrebbe potuto tranquillamente mettere sua mamma in una casa e sua nonna in un’altra e vivere la sua vita di giovane, divertendosi, studiando quello che voleva. Ha detto no, e si è convertita in una serva. (…) Lei ha bruciato la sua vita finora servendo sua mamma e sua nonna, da sola. Non era più da sola, ha detto due cose che ci devono aiutare.”
“Liz – continua il Papa - ci dimostra che la sua vita la brucia nel servizio a sua madre, è un grado altissimo di solidarietà, un grado altissimo di amore, una testimonianza.”
Poi, Manuel, che “è stato sfruttato, è stato solo…. Sfruttamento maltrattamento e solitudine… ma invece di uscire a fare cose divertenti, invece di uscire a rubare, è andato a lavorare, invece di uscire a vendicarsi della vita…” E dunque “abbiamo testimonianza di un ragazzo che da bambino ha saputo cosa è il dolore e la tristezza e non aveva da mangiare ed era solo. Signore salva questi bambini e queste bambine che sono in questa situazione e per noi, che non siamo in questa situazione, grazie Signore.”
Ricorda il Papa che “la vita non è facile per molti giovani, vorrei che lo metteste bene in testa. A questi ragazzi e queste ragazze dobbiamo dire che siamo vicini, vogliamo dar loro una mano con solidarietà con amore.”
Papa Francesco sottolinea “due frasi che hanno detto Liz e Manuel. Liz ha detto che ha cominciato a conoscere Gesù, e questo è aprire la porta. Manuel ha detto: ho conosciuto Dio, la mia fortezza. Conoscere Dio è la fortezza, avvicinarsi a Gesù è speranza e fortezza, e questo è quello di cui abbiamo bisogno per i giovani oggi.”
Arringa il Papa: “Non vogliamo giovani debolucci, dei giovani che stanno lì né sì né no. Non vogliamo giovani che si stancano subito e che vivono stanchi, con la faccia annoiata. Vogliamo dei giovani forti, vogliamo dei giovani con speranza e fortezza, perché conoscono Gesù, perché conoscono Dio, perché hanno un cuore libero.”
Certo, concede il Papa, “occorre sacrificio, occorre andare contro corrente. Le beatitudini che abbiamo letto sono il disegno di Dio su di noi, questo disegno controcorrente. Gesù gli dice: beati i poveri in spirito… non dice beati i ricchi che accumulano i soldi. No, i poveri in Spirito, beati coloro che hanno la capacità di affliggersi.”
Ma poi il Papa racconta: “L’altro giorno un sacerdote, per scherzo, mi ha detto: lei continui a consigliare ai giovani che si facciano sentire… continui così! Però, dopo, il rumore che fanno i giovani per farsi sentire lo dobbiamo sistemare noi.” Quindi il Papa invita i giovani ad ad aiutare “anche a sistemare e organizzare questo movimento che voi create. Questo movimento che ci dia un cuore libero, che ci dia solidarietà, che ci dia speranza, che nasca dall’aver conosciuto Gesù e dal sapere che il Dio che ho conosciuto è la mia fortezza: questo è il dinamismo giusto.”
Tutto questo nel discorso improvvisato del Papa, l’ultimo incontro i Papa Francesco in Paraguay, prima del lungo volo di ritorno che lo riporterà a Roma.
“Qui c’è la Gioventù di Papa Francesco,” dice il vescovo Valenzuela, delegato per i giovani mentre presenta “la croce pellegrina del Paraguay,” una copia di quella che Giovanni Paolo II ha consegnato ai giovani durante la Giornata Mondiale della Gioventù.
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C’è molta stanchezza al termine del viaggio, come è normale, viene chiesto a padre Federico Lombardi se il Papa ha avuto tre volte problemi di salute durante il viaggio, ma padre Lombardi risponde che, no, non c’è stato nessun problema di salute, “il viaggio fino ad ora è stato perfetto,” solo “un lieve ritardo alla Messa.” E ha indicato l’incontro di Banado Norte, con visita a Baraccopoli, come una sorta di “higlight del viaggio di Papa Francesco, perché “il Papa è entrato nella casa di una famiglia, dove c’era una donna malata, e ci sono stati momenti intensi e di comunione.”
Come sono stati “momenti intensi” e privati, come sempre, anche quelli dell’incontro del Papa con i vescovi del Paraguay, anche se padre Lombardi smentisce che il Papa si sia lamentato della Chiesa locale. Il messaggio centrale del Papa, a Banados, è secondo padre Lombardi l’esortazione a non farsi dividere dal diavolo, l’enfasi posta sull’unità e la comunione.
Una unità e una comunione che riguardano anche il cammino ecumenico, e allora padre Lombardi non può non sottolineare la presenza del vescovo ortodosso del Sudamerica, Talassios, un amico del Papa, il cui discorso di oggi ha dato al viaggio una impronta ecumenica. Mentre prosegue il tenativo dei leader sudamericani di approfittare della presenza del Papa: oggi Cristina Kirchner, presidente argentino che viveva rapporti difficilissimi con Bergoglio quando era cardinale, si è presentata in Paraguay per salutare il Papa, e ha portato in dono una riproduzione di un giornale il cui titolo era “Giovanni XXIII prega per Evita Peron.” È il secondo regalo della Kirchner ispirato ad Evita, dopo il quadro regalato al Papa durante la sua ultima visita in Vaticano.
Sono dettagli, perché il viaggio del Papa è ispirato all’evangelizzazione, e alle reducciones, dove i gesuiti costruivano una nuova civiltà: all’esperienza delle reducciones è dedicato appunto l’altare della Messa cui erano presenti “onestamente un milione di persone,” dice padre Lombardi.
Bagno di folla anche sul lungofiume. Il vescovo mostra i ragazzi con la giacca bianca, coloro che decidono di farsi “servitori” e che vengono da tutto il Paraguay, con grandi difficoltà. “Sono 70 mila,” dice. C’è uno spettacolo che riprende le parole del Papa, e racconta la situazione dei giovani in Paraguay.
E nel discorso consegnato, il Papa avrebbe rivisto le due storie di Liz e Manuel, la voglia di servire di Manuel, nonostante le situazioni dolorose che ha trascorso, la forza di Liz nel fare da genitore a sua madre, nel giocare con lei e cambiare i pannolini, enfatizza il coraggio dei giovani e sottolinea che entrambi hanno trovato la forza in parrocchia, “negli amici della parrocchia e nei ritiri spirituali che lì venivano organizzati.”