Città del Vaticano , domenica, 9. dicembre, 2018 12:10 (ACI Stampa).
Come Giovanni Battista, il credente è chiamato ad “aprire strade nel deserto”, a indicare “prospettive di speranza” anche in “contesti esistenziali impervi”, e non si arrende di fronte a “situazioni negative di fallimento o di rifiuto”. Papa Francesco centra la sua riflessione all’Angelus sulla figura di San Giovanni Battista. Perché è lui che fa capire che è con la conversione che si deve attendere il Signore.
Giornata soleggiata e fresca, in piazza San Pietro nella quale, per la prima domenica, si stagliano albero e presepe recentemente inaugurati. Dopo un intenso giorno dell’Immacolata, che ha visto il tradizionale omaggio alla Madonna in piazza di Spagna, ma anche una visita al quotidiano il Messaggero, Papa Francesco torna alla routine affacciandosi dal balcone del suo studio nel Palazzo Apostolico per la preghiera domenicale dell’Angelus.
Se l’Avvento è il tempo dell’attesa, dice, allora è la conversione il modo in cui “si dà sostanza a questa attesa”, ed è quello che predica Giovanni Battista, che percorre tutta la regione del Giordano predicando un “Battesimo di conversione per il perdono dei peccati”, come dice l’Evangelista Luca, che introduce il Battista con la profezia di Isaia, “voce di uno che grida nel deserto”.
Quale è la conversione cui ci invita Battista? Due sono i passaggi delineati da Papa Francesco: l’apertura verso gli altri, che porta dunque a compiere gesti di conciliazione”.
Più nel dettaglio, Papa Francesco spiega che siamo prima di tutto “chiamati a bonificare gli avvallamenti prodotto dalla freddezze e indifferenza”, e dunque ad aprirci agli “con gli stessi sentimenti di Gesù”, ovvero la “cordialità e attenzione fraterna che si fa carico delle necessità del prossimo”, perché"Non si può avere un rapporto di fraternità, con il prossimo se ci sono dei buchi, come non si può andare in una strada se ci sono le buche", sottolinea Papa Francesco. E ci vuole “una premura speciale per i più bisognosi”.