Perché dal 1686 l’ortodossia in Ucraina era stata posta sotto la giurisdizione di Mosca, che aveva ricevuto dal Patriarcato di Costantinopoli la possibilità di nominare il metropolita di Kiev. Da quel momento, il Patriarcato di Mosca ha considerato l’Ucraina suo territorio canonico. Ma poi si erano create altre due giurisdizioni ortodosse: la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Kiev, stabilita nel 1992 e sotto la guida di Filaret Denisenko, e la Chiesa Ucraina Autocefala Ortodossa, sotto la guida del Primate Makarij che aveva un numero più piccolo di fedeli e parrocchie.
In pratica, il Patriarcato Ecumenico ha annullato la lettera sinodale del 1686, e ha cominciato le pratiche perché si costituisca una Chiesa ortodossa in Ucraina. Questa Chiesa dovrebbe risultare dalla riunione delle due Chiese scismatiche già presenti sul territorio.
Ma la questione non è stata semplice. Perché si unifichino, entrambe le Chiese locali devono rinunciare a rivendicare un patriarcato. E Filaret non sembra disposto a cedere.
Così, il 19 novembre, alla vigilia del Sinodo del Patriarcato Ecumenico, è stato diffuso un comunicato in cui si sottolinea che “in preparazione per l’incontro del Sacro e Santo Sinodo del 27-29 novembre, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli reitera la sua decisione di concedere il tomos per l’autocefalia della Chiesa Ortodossa Ucraina”. E si spiega che “una data concreta” per la celebrazione del Sinodo che porterà alla costituzione di una Chiesa Ortodossa Ucraina sarà “presentata entro dicembre 2018”.
Dopo la decisione del Patriarcato Ecumenico di concedere l’autocefalia, avvenuta l’11 ottobre scorso, è stato siglato il 3 novembre un accordo di cooperazione tra il Patriarca Bartolomeo I e il presidente ucraino Petro Poroshenko lo scorso 3 novembre. Ora si tratta di convocare un Sinodo cui partecipino sia la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Kiev, sia la Chiesa Ortodossa Autocefala e sia la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca. Quest’ultimo, ovviamente, ha già fatto sapere che non parteciperà, sebbene almeno un paio dei suo rappresentanti potrebbero prendere parte all’assise.
Da parte sua, Mosca ha stabilito una fitta rete di contatti. Lo scorso 27 novembre, il vescovo Antonio Bogdorodsky, che si occupa della gestione delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia, ha incontrato in Vaticano il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Si legge nel comunicato del Patriarcato di Mosca che i due “hanno discusso di una vasta gamma di questioni bilaterali”, e in particolare il vescovo “ha informato il rappresentante della Santa Sede sull’attuale stato di cose riguardo le azioni anticanoniche del Patriarcato di Costantinopoli di riconoscere i leader divisi dell’Ucraina e nel promuovere il progetto di autocefalia ucraina”.
All’incontro del 27 novembre, hanno partecipato anche lo ieromonaco Ambrose, segretario dell’amministrazione parrocchiale del Patriarcato di Mosca in Italia, e padre Hyacinthe Dustivelle, officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
L’incontro avveniva nello stesso giorno in cui il Patriarcato Ecumenico, all’inizio del Sinodo, pubblicava sulla sua pagina Facebook, e in francese, la decisione di abolire l’esarcato della Chiesa Ortodossa Russa nell’Europa occidentale. L’esarcato è una circoscrizione della Chiesa cattolica orientale, che viene considerata alle dirette dipendenze del Patriarca. L’esarcato della Chiesa Ortodossa Russa dell’Europa occidentale era stato stabilito con un tomos dal Patriarcato Ecumenico nel 1999.
La decisione di revocarla – si legge nel comunicato del Patriarcato ecumenico – “risponde ai bisogni pastorali e spirituali dei nostri tempi”, ed è fatta con “il più grande rispetto della legge canonica”, ma anche considerando che le circostanze storiche sono cambiate.
Questa struttura, infatti, spiega il comunicato, è stata pensata a seguito della Rivoluzione Russa, per proteggere le comunità ortodosse russe in esilio. Il comunicato del Patriarcato Ecumenico si dice compiaciuto che Costantinopoli “abbia preso la responsabilità di offrire la sua protezione canonica a queste comunità, e dunque di permettere loro di godere di una libertà che sinonimo di vita nello spirito santo”.
Ma la decisione di revocare il tomos – ed è questo il nodo cruciale della questione – ha l’obiettivo di “rafforzare ulteriormente il legame tra le parrocchie di tradizione russa con la chiesa madre del Patriarcato di Costantinopoli”, secondo una “preoccupazione pastorale” che ha portato a “integrare e connettere le parrocchie alle varie città sante del Patriarcato Ecumenico dove sono collocate”.
In questo modo, “il legame con la filiazione sarà sempre più vicino alla sede di Costantinopoli”, che comunque lascerà a tutti di mantenere i loro riti e le loro tradizioni.
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Si è trattato, insomma, di un modo riaffermare il primato di Costantinopoli.
L’esarcato non ha gradito, e ha diffuso un comunicato sottolineando che la decisione di abolire l’esarcato “non è ancora stata ricevuta ufficialmente dalla sede dell’arcidiocesi, e l’arcivescovo Giovanni non è stato consultato prima della decisione”, ma la ha appresa ad Istanbul durante un “incontro privato con il Patriarca”. Nei prossimi giorni, si legge ancora, il Sinodo dell’esarcato terrà un incontro e si affronterà la vicenda.
Si tratta, insomma, di una situazione molto ingarbugliata, che alla fine riguarda soprattutto l’unità del mondo ortodosso. Ma è anche vero che la questione dell’autocefalia ucraina è in discussione dal 1917, quando fu messa nell’agenda del Concilio locale della Chiesa ortodossa russa, si è tentato di proclamarla durante la seconda Guerra Mondiale, è tornata d’attualità all’inizio degli anni Novanta, ed era anche nell’agenda del Grande e Santo Concilio Panortodosso, che si è tenuto a Creta dal 16 al 27 giugno 2016 e cui Mosca ha deciso di non partecipare all’ultimo momento.
Al di là del rischio nei rapporti ecumenici, è da vedere se questo “scisma” orientale durerà. Nel 1996, ci fu un caso simile in Estonia, e la Chiesa ortodossa russa interruppe anche in quel caso la comunione con Costantinopoli. Durò tre mesi. Potrebbe succedere lo stesso adesso. Se invece cresceranno il tema geopolitico sarà ancora pressante, la divisione potrebbe durate a lungo.