Città del Vaticano , venerdì, 10. luglio, 2015 12:33 (ACI Stampa).
Dalla Bolivia al Paraguay. La giornata del Papa che inizierà quando a Roma saranno le 15.30 inizia dalla vista ad un carcere. é il Centro di rieducazione Santa Cruz, una delle realtà penitenziarie dell'America Latina tra le più dure e dolorose della regione, ma al tempo stesso è anche una realtà dove si praticano con buon successo "modalità" promettenti di convivenza tra reclusi e famiglie. Nei giorni scorsi la Radio Vaticana ha intervistato un detenuto italiano che sconta la sua pena. “Questo è un regime aperto- spiega- non è un carcere come quelli italiani, in cui si sta chiusi. Hai un certo tipo di libertà, puoi scegliere di lavorare, di fare qualcosa, di studiare...Sì, c’è sovrappopolazione perché mi pare che adesso ci siano più di 4 mila detenuti. Però, con queste pratiche dell’indulto si sta creando più spazio. Molta gente con l’indulto sta uscendo.”
Una situazione che dall'Europa è molto difficile da immaginare, un quartiere chiuso e murato con adulti e adolescenti, con situazioni di corruzione e promiscuità, un luogo che è diventanto un carcere ma che era un quartiere. Palmasol è una parola che fa paura.
Il Centro è suddiviso in Padiglioni riservati a diverse categorie di persone e di delitti: uomini, donne, giovani, reati minori, reati gravi.
Le divisioni corrispondono anche a trattamenti carcerai differenziati e dunque con diversi regimi di detenzione. Il Padiglione PS 4 maschile, è aperto alle visite diurne ed ospita circa 2.800 prigionieri, con i quali le famiglie (circa 1.500 persone al giorno) possono convivere in una sorta di villaggio protetto e gestito dagli stessi reclusi, tramite una “Regencia general” guidata dal personale di sicurezza dello Stato.