Papa Francesco ha ricevuto questo pomeriggio intorno alle 17.00, in udienza privata Cristina Fernández de Kirchner, Presidente della Repubblica Argentina. "Il colloquio come riporta una nota di Pade Federico Lombardi -molto cordiale, è durato oltre un’ora e mezzo e si è svolto nello Studio del Papa presso l’Aula Paolo VI. La Signora Presidente ha voluto manifestare ancora una volta l’affetto e la vicinanza del popolo argentino al Papa e chiedere la sua benedizione per tutti i suoi connazionali.
“Mai più la guerra! Occorre passare da una cultura dello scontro, della guerra, a una cultura dell'incontro". Questo è stato l'appello di papa Francesco a Sarajevo, dove il pontefice ha portato ancora una volta il suo messaggio di “pellegrino di pace e di speranza” che non si stanca di moltiplicare le iniziative per favorire la ricomposizione dei conflitti e la convivenza pacifica tra popolazioni diverse: “un cammino faticoso, difficile, ma possibile!” (Angelus 7 giugno).
Attraverso l’Eucarestia Gesù ”assegna al pane una funzione che non è più quella di semplice nutrimento fisico, ma quella di rendere presente la sua Persona in mezzo alla comunità dei credenti”. E’ quanto ha spiegato il Papa nel corso della recita dell’Angelus, in occasione della domenica dedicata alla Festa del Corpus Domini.
Ai giovani, Papa Francesco parlando a braccio ha detto di essere la speranza della martoriata terra di Bosnia. Il problema è che questa speranza tende sempre più a lasciare la Bosnia. Lo racconta la Caritas italiana, in un dossier distribuito alla vigilia del viaggio di Papa Francesco, che fa una fotografia impietosa della situazione in Bosnia Erzegovina.
Medjugorje, la guerra e il rapporto tra i giovani e le nuove tecnologie. Sono i temi che il Papa ha affrontato rispondendo alle domande dei giornalisti sul volo che lo ha riportato a Roma da Sarajevo.
Anche con i giovani di Sarajevo Papa Francesco ‘archivia’ discorso scritto e risponde a braccio alle domande di tre giovani. La prima verte sul rapporto tra il Pontefice e la televisione...
Dopo aver ascoltato i saluti del Cardinale Puljic e dei rappresentanti di musulmani, ortodossi e ebrei, Papa Francesco ha preso la parola nel corso dell’incontro ecumenico ed interreligioso nel Centro internazionale studentesco francescano di Sarajevo
Testimonianze terribili di guerra e di tortura quelle che Papa Francesco, visibilmente commosso, ha ascoltato nella Cattedrale di Sarajevo nel corso dell’incontro con il clero, religiose, religiosi e seminaristi. Particolarmente commosso, Papa Francesco abbandona il testo scritto e parla di getto.
Poco prima della Messa, c’era una certa agitazione nella tenda che fungeva da sacrestia per il Papa al Kosevo Stadium. Monsignor Guido Marini, Cerimoniere Pontificio, a un certo punto si è assentato. Poi è tornato, ha dato le ultime disposizioni. Cose normali, in una organizzazione che viene curata nei minimi dettagli. Ma quando Papa Francesco è uscito per la Messa, proprio un dettaglio cattura l’attenzione: la sua croce pastorale è avvolta, alla fine del manico, dove il Papa la impugna, da una sorta di nastro adesivo.
“Io non odio nessuna etnia, non odio gli uomini in quanto categoria. Io so che quello che mi è stato fatto non può essere attribuito a un intero popolo.” Janko Samolikovic, di Visegrad, è uno dei sopravvissuti dei campi di prigionia della guerra dell’ex Jugoslavia. Ha fatto un percorso di riconciliazione, ha elaborato il dramma subito. Perché questo è quello che Papa Francesco ha trovato arrivando a Sarajevo: una città ferita, come la croce posta sull’altare che viene da un monastero distrutto durante la guerra, le cui ferite faticano a rimarginarsi.
“Sono convinto che si siano uniti in preghiera non solo i cattolici, ma anche tutti gli altri, ognuno a modo proprio; hanno pregato, mediante i loro buoni desideri, anche coloro che non si considerano credenti”. Sono le parole di ringraziamento del Cardinale Vinko Puljic rivolte al Papa al termine della Messa solenne a Sarajevo.
Secondo quanto comunicato dalla Sala Stampa della Santa Sede, Papa Francesco ha ricevuto ieri il Cardinale Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzandolo a promulgare alcuni decreti.
C’è un altro clima allo stadio Kosevo di Sarajevo rispetto al 1997. Quando venne Giovanni Paolo II la guerra era appena finita, e nevicava. Oggi tra i monti delle Bosnia è estate e anche nei cuori della gente inizia una nuova primavera. Papa Francesco è arrivato per incoraggiare il fragile cammino verso la riconciliazione di un popolo che ha vissuto non solo la guerra ma lo sterminio, la “pulizia etnica”.
“È per me motivo di gioia trovarmi in questa città che ha tanto sofferto per i sanguinosi conflitti del secolo scorso e che è tornata ad essere luogo di dialogo e pacifica convivenza”. Lo ha detto il Papa nel suo indirizzo di saluto ai Presidenti di Bosnia-Erzegovina, nel palazzo presidenziale di Sarajevo.
Papa Francesco è arrivato a Sarajevo. Sul volo che lo ha portato da Roma alla capitale bosniaca, il Pontefice ha salutato brevemente i giornalisti a bordo dell’aereo papale: 65 cronisti di 4 gruppi linguistici.
Il percorso che Papa Francesco farà a partire dall’aeroporto di Sarajevo per arrivare al Palazzo presidenziale per tenere il suo primo discorso di una lunga giornata era quello ambito da molti in tempo di guerra. Perché quella che oggi si chiama Zmaja od Bosne era il Viale dei Cecchini, in bosniaco Aleja Snajpera. Chi passava da lì, veniva colpito dai cecchini appostati sulle montagne, o all’interno di alcuni edifici. A un certo punto, poco prima del Palazzo presidenziale, il Papa troverà alla sua sinistra la Chiesa Cattolica di San Giuseppe, monumento nazionale della Bosnia Erzegovina e per un periodo in corsa per diventare la cattedrale della Città. Girando lo sguardo verso destra, vedrà il ponte di Vrbanja. Lì sono molti in molti, sotto il tiro dei cecchini. Lì sono morti anche il Romeo e Giulietta di Sarajevo.
“Le visite dei Papi portano sempre eccitazione. Ma io penso che la vera sfida è nel prolungamento virtuale della visita del Papa. Dopo il dato storico dell’arrivo di Papa Francesco, c’è tutto quello che viene dopo, il modo in cui gli stimoli che ha portato la visita saranno messi in pratica.” L’arcivescovo Luigi Pezzuto è nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina, e parla con ACI Stampa il 4 giugno 2015, alla vigilia della visita di Papa Franceco. Riceve nel salotto in cui Papa Francesco incontrerà i vescovi della Bosnia sei in tutto, prima di andare a pranzo e poi proseguire la giornata.
Affermare che tutta la politica sia sporca è un pregiudizio che reca danno alla società. Lo ha detto il Presidente della Cei, il Cardinale Angelo Bagnasco, parlando dell’inchiesta Mafia Capitale
Il Movimento per la vita considera l’ideologia gender un attacco portato alle radici stesse della vita oltre che il più pericoloso attentato alla famiglia, fondamento della società tutelato dalla Costituzione. «In particolare» spiega l’on. Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento «siamo in allarme per la possibilità che attraverso il progetto di legge Cirinnà sulle unioni civili possa essere introdotto un nuovo istituto giuridico che i trattati europei non ci impongono, ma che, una volta adottato, creerà le condizioni per una totale equiparazione per via giudiziaria al matrimonio, non essendo accettabili per l’Europa regimi diversificati e discriminatori
“Ricostruire la fiducia.” Quando gli viene chiesto della più importante sfida che devono affrontare le religioni unite in Bosnia, Ifet Mustafic, che si occupa del dialogo interreligioso nell’ufficio dell’Ulema nella Comunità Islamica di Bosnia Erzegovina, non ha dubbi.