Ci vuole qualche ora di riposo, nel mezzo di un viaggio lunghissimo, denso di eventi. Così Papa Francesco, dopo gli ultimi incontri in Bolivia, sale sull’aereo per il Paraguay per atterrare intorno alle 15. Il tempo degli onori militari, della benedizione delle targhe commemorative della visita di San Giovanni Paolo II in Paraguay (16-18 maggio 1988), e di un omaggio floreale da parte dei bambini, e poi Papa Francesco si trasferisce alla Nunziatura Apostolica di Asunciòn. Dove finalmente ha un po’ di tempo libero per riposare, radersi e preparare il primo discorso in terra paraguayana, quello alle autorità civili.
Non è nemmeno un carcere Palmasola, è un nome che evoca l’inferno in Bolivia. Un quartiere che è stato isolato e chiuso ed è diventato un carcere. Sovraffollato, promiscuo, un villaggio di dannati adulti e adolescenti, uomini e donne. Le immagini che arrivano da Palmasola fanno paura, ma l’attesa del Papa ha reso diverso anche il carcere di Palmasola, il fango e la corruzione si è trasformato in canto. 2500 detenuti per giorni e giorni hanno provato i canti che faranno per Francesco. C’è voglia di dignità anche se non ci sono le strade, le case sono fatiscenti e la gente si sente “scartata”.
“Siamo vicini al nostro popolo.” Con una lettera spedita alla Commissione Europea, alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario internazionale, i vescovi Franghiskos Papamanolis e Nikolaos Printezis, rispettivamente numero 1 e 2 della Conferenza Episcopale greca prendono la parola per chiedere attenzione per il popolo che sta soffrendo, e di giustificare il loro popolo che vuole davvero rimanere nell’Unione Europea.
I medicinali del Papa per gli immigrati. I volontori di Medicina Solidale e UNITALSI (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) hanno cominciato a distribuire i medicinali donati dall'Elemosiniere del Papa, e in particolare 50 kg di farmaci antiscabbia, 100 confezioni di antibiotici e antistamici e 50 pomate antimicotiche.
“Ciò che per noi è povertà, là rappresenta uno standard di vita perfino auspicabile, un traguardo da raggiungere, una meta che, di fatto, solo pochi conseguiranno”.Così il Patriarca di Venezia, Monsignor Francesco Moraglia, commentando la sua visita – dall’1 a l 6 luglio scorsi – presso la missione veneziana di Ol Moran, in Kenya.
Dalla Bolivia al Paraguay. La giornata del Papa che inizierà quando a Roma saranno le 15.30 inizia dalla vista ad un carcere. é il Centro di rieducazione Santa Cruz, una delle realtà penitenziarie dell'America Latina tra le più dure e dolorose della regione, ma al tempo stesso è anche una realtà dove si praticano con buon successo "modalità" promettenti di convivenza tra reclusi e famiglie. Nei giorni scorsi la Radio Vaticana ha intervistato un detenuto italiano che sconta la sua pena. “Questo è un regime aperto- spiega- non è un carcere come quelli italiani, in cui si sta chiusi. Hai un certo tipo di libertà, puoi scegliere di lavorare, di fare qualcosa, di studiare...Sì, c’è sovrappopolazione perché mi pare che adesso ci siano più di 4 mila detenuti. Però, con queste pratiche dell’indulto si sta creando più spazio. Molta gente con l’indulto sta uscendo.”
“Mi ha colpito molto quanto bene conosca il Paese il Papa e che abbia riconfermato con chiarezza la opzione preferenziale per i poveri della Chiesa”. Juan Cristobal Soruco è un giornalista boliviano cattolico, direttore de “ Los Tiempo”.
Un discorso lungo, complesso ed articolato quello che il Papa ha rivolto, a Santa Cruz de la Sierra, ai partecipanti al II Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari. “Terra, casa e lavoro per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America Latina e in tutta la terra”. Così ha esordito Papa Francesco.
É la risposta al grido di Bartimeo, il cieco, che ispira la riflessione del Papa come le testimonianze Di Padre Miguel, di suor Gabriela e del seminarista Damian. Il vangelo ci spiega “come reagiscono al dolore di colui che è sul bordo della strada, di colui che sta seduto sul suo dolore.” Il grido e le reazioni. Il Papa parla dei discepoli e delle loro reazioni, e le mette in rapporto ai sacerdoti ai vescovi, ai laici impegnati.
Al termine del briefing a Santa Cruz de la Sierra, il Direttore della Sala Stampa Vaticana ha fatto una precisazione circa la croce – attribuita al gesuita Padre Espinal, ucciso nel 1980 – donata dal presidente boliviano Morales a Papa Francesco.
La logica che “pretende di trasformare in oggetto di scambio, di consumo, tutto negoziabile” si fa “facilmente strada in un cuore disperato,” ma Gesù, che moltiplica pani e pesci per dar da mangiare a quanti lo hanno ascoltato, non scarta nessuno, ma anzi include tutti nel pasto. Papa Francesco parte dalla parabola dei pani e dei pesci, per la sua Messa nella Piazza del Cristo Redentore di Santa Cruz de La Sierra.
"Negli Stati dell’Unità e del Nilo Alto la popolazione sopporta atroci sofferenze. Abbiamo conosciuto la guerra in passato, ma la crudeltà che sperimentiamo oggi non ha eguali. È come vivere in un incubo". Così raccontano alcuni rifugiati sud sudanesi – che per motivi di sicurezza preferiscono mantenere l’anonimato - ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, durante la recente visita di una delegazione della fondazione pontificia nel più giovane stato al mondo.
"Ricordiamo qui un nostro fratello vittima di interessi, di quelli che lo hanno ucciso e che non credevano che lottava per la libertà della Bolivia, lui credeva nel Vangelo, e il Vangelo ha onorato". Con queste parole Papa Francesco ha ricordato nel corso del tragitto tra El Alto e La Paz il padre gesuita Luis Espinal Camps, torturato e ucciso dal regime boliviano nel 1980.
Quando il presidente ha dato a Papa Francesco il crocifisso incastonato su una falce e martello, che è stato del gesuita Luis Espinal, torturato e ucciso nel 1980, Papa Francesco si è incupito in volto e sembra abbia detto: “Questo non sta bene.” E chissà se l’espressione ritornerà oggi nell’incontro che il Papa avrà con i Movimenti Popolari, un cartello di vari movimenti per la giustizia sociale che include centri sociali, sigle comuniste, ma anche banche etiche, che “la Chiesa riconosce e promuove,” ha detto il Cardinal Peter Turkson aprendo l’incontro ieri.
Indipendente dal 1811, il Paraguay è la terza ed ultima tappa del viaggio apostolico in America Latina di Papa Francesco. La capitale è Asuncion e due sono le lingue ufficiali: lo spagnolo ed il guaranì.
Terminata la parte ufficiale e più “politica” della’ arrivo in Bolivia il Papa già nella serata di mercoledì si è trasferito a Santa Cruz de la Sierra. L'insediamento originario della città era a circa 220 km ad est rispetto alla posizione attuale, qualche chilometro a sud dell'odierna San José de Chiquitos. Nel 1592 dopo lotte con gli indigeni la città fu spostata alla posizione attuale sulle rive del fiume Piraí. Alcuni resti dell'iniziale insediamento possono essere visitati nella località di Santa Cruz la Vieja (Vecchia Santa Cruz) nei pressi di San José de Chiquitos, che a sua volta fu fondata nel 1692 come missione dei Gesuiti. Santa Cruz de la Sierra è il centro della protesta di vari dipartimenti boliviani per consolidare le autonomie regionali.
La gente de La Paz vive la Chiesa cattolica come l’unica istituzione che si occupa davvero dello sviluppo dell’uomo. Ospedali e scuole, centri educativi e progetti di sviluppo sono da decenni grazie all’impegno di sacerdoti e catechisti.
Buenas tardes! Papa Francesco inaugura la sua visita in Bolivia con un saluto informale ai tanti fedeli che lo hanno accolto all’aeroporto di El Alto. Subito l’abbraccio con il presidente Evo Morales che ha regalato al Papa una collana tradizionale boliviana.
Gratuità e memoria: Papa Francesco consegna questi due mandati a sacerdoti, religiosi e religiose dell’Ecuador che incontra nel Santuario della Virgen del Quinche, in quello che è il suo commiato dall’Ecuador. Gratuità e memoria, corroborate da quella specialità del popolo ecuadoregno, che è il fatto di “essere stato consacrato al Sacro Cuore di Gesù.”
Compie 60 anni l’ospedale “Santa Maria della pietà” di Casoria (Napoli), gestito dai religiosi Camilliani. La struttura venne infatti inaugurata il 14 novembre 1955, grazie ad una donazione effettuata da Vincenzo Ferrara, cittadino e medico di Casoria, che elargì i suoi averi alla Congregazione affinchè realizzasse un presidio ospedaliero nel cuore del vecchio centro storico.